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Giuseppe, ci manchi! PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Sonia Alfano   
Giovedì 31 Gennaio 2013 10:31
(Sonia Alfano - 31 gennaio 2013)
Il 31 gennaio del 2009 è uno di quei giorni che non potrò mai dimenticare. E’ il giorno in cui una terribile notizia mi giunse facendomi raggelare il sangue: Giuseppe Gatì, quel ragazzo riccioluto che mi veniva incontro sorridente alla maggior parte dei dibattiti ai quali partecipavo in Sicilia, non c’era più. Non lo avrei mai più rivisto fare capolino tra la gente, con il suo entusiasmo e la sua voglia di cambiare la Sicilia e l’Italia.

Di lui mi restano i ricordi. Quel suo sguardo fiero e pulito, che tanto mi aveva colpita il giorno in cui ci incontrammo per la prima volta. Ma soprattutto mi rimane impresso il suo tono di voce al telefono, la sera in cui contestò Vittorio Sgarbi. Era stato rinchiuso in una stanza per ore, intimidito e strattonato da uomini della Polizia Municipale e sedicenti poliziotti in borghese per aver osato urlare in faccia la realtà a Sgarbi: “Pregiudicato! Viva Caselli, viva il pool antimafia!”. Aveva paura. Cercai di rassicurarlo, passai tutta la notte a tranquillizzarlo, dicendogli che tutto si sarebbe risolto e che io ero al suo fianco.

Morì pochissime settimane dopo, fulminato, mentre lavorava. Aveva soltanto 22 anni e una grande voglia di combattere per i diritti propri e per quelli altrui. Era un piccolo grande uomo, un esempio da seguire. Giuseppe ci manca. Manca a tutti i cittadini onesti che lo hanno ammirato e che da lui hanno imparato cosa significa “avere la schiena dritta”. La sua storia mi spinge a riflettere sul binomio giovani-futuro: i giovani devono essere il presente! E’ oggi che le nuove generazioni devono alzare la testa, ribellarsi al marcio e custodire il bello.

Giuseppe oggi non può più affrontare le sfide che avrebbe sicuramente vinto grazie alla sua tensione morale e allo slancio con cui avrebbe voluto migliorare il mondo nel quale viveva. Per questo quando mi rivolgo ai ragazzi chiedo di non abbassare mai lo sguardo di fronte al potere e all’arroganza.

Non voglio aggiungere nulla alle sue parole: “E’ arrivato il nostro momento, il momento dei siciliani onesti, che vogliono lottare per un cambiamento vero, contro chi ha ridotto e continua a ridurre la nostra terra in un deserto, abbiamo l’obbligo morale di ribellarci. Questa è la mia terra ed io la difendo. E tu?”.




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