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Fino all'ultimo giorno della mia vita PDF Stampa E-mail
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Scritto da Christina Pacella   
Venerdì 01 Marzo 2013 21:05
di Christina Pacella - 1 marzo 2013
“FINO ALL’ULTIMO GIORNO DELLA MIA VITA” racconta il coraggio della verità. Un coraggio semplice e spontaneo guidato dal cuore e dall’umanità. La storia di vita di due uomini che condividono casualmente lo stesso cognome, Borsellino. La storia di un dolore comune spezzato dalla speranza che un giorno la lotta diverrà giustizia, spezzato dalla nascita di una amicizia indissolubile che sorge dalla tragedia e dalla violenza del vivere in un Paese che non riesce a liberarsi di quel grande male chiamato “mafia”.

Un giovane scrittore e giornalista. Benny Calasanzio Borsellino perde il nonno Giuseppe e lo zio Paolo (omonimo del giudice Paolo Borsellino) per mano della mafia. Correva l’anno 1992 e Benny aveva solo sette anni. Erano gli anni delle stragi di Stato, gli anni delle collusioni, delle  convivenze tra criminalità organizzata e pezzi deviati della politica che si “mettevano d’accordo” per ristabilire nuovi equilibri. Crescendo Benny vedrà la sua famiglia battersi nei tribunali per ottenere Giustizia per suo nonno e per lo zio. Per molto tempo i suoi pensieri  rimarranno avvolti in un dolore privato, difficile da esternare. Pensieri che lo porteranno alla ricerca di qualcuno con cui parlare, qualcuno con cui condividere il desiderio di capire  e trovare quella verità che è sete di Giustizia.

Cerca e incontra Salvatore Borsellino, fratello del Magistrato Paolo Borsellino, ucciso in un agguato mafioso insieme ad Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina il 19 luglio del 1992 a Palermo. Nel libro questa data interrompe l’andamento positivo, a tratti persino divertente di una lunga intervista che per Benny simboleggia il raggiungimento di un sogno. Di fatto, negli anni, molti tra scrittori e giornalisti hanno provato a convincere Salvatore Borsellino a “raccontarsi“, ottenendo in cambio sempre una risposta negativa. A Benny, invece, Salvatore decide di dire di si.

E’ facile perdersi  insieme a Salvatore  nel  viaggio tra ricordi e aneddoti della sua vita trascorsa con Paolo. L’amore è una costante, persino nelle circostanze drammatiche dove la malattia e la povertà portano grandi tribolazioni alla famiglia Borsellino, capace sempre e comunque di mantenere quel tipo di dignità propria e tipica di chi non fa del denaro una ragione di vita ma un mezzo per raggiungere obiettivi  nobili legati a valori ed ideali. Non a caso Salvatore ci racconta del suo importante rapporto con la Natura e con il mare, delle sue giornate trascorse a scrivere poesie ispirato dalla sua bellezza, del legame con sua madre che gli trasmette la passione per i libri.

Di quel maledetto 19 luglio 1992 Benny scrive: “Ogni italiano di quella domenica ha rimosso qualsiasi momento bello e ricorda solo il “botto”, quella strage che mise fine a sei vite umane e ai sogni di milioni di italiani. Come per l’11 settembre del 2001 ognuno di noi ricorda perfettamente cosa stesse facendo in quel momento. Ogni italiano ha sospeso la sua vita per un periodo variabile, unendosi in un unico grande organismo che perdeva un “pezzo” importante.”

Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo erano già morti. Paolo Borsellino sapeva che il prossimo sarebbe stato lui.  Ma lo sapeva anche la gente comune e lo sapevano le istituzioni. Passarono solo cinquantasette giorni  tra la morte di Falcone e quella del Giudice Borsellino. C’era stata troppa fretta nell’eliminarlo. Quella fretta destò sospetti  nel 1992 e li desta a maggior ragione oggi  che è stata appurata la trattativa Stato – mafia.

Il racconto di Salvatore diventa introflesso. Come stesse tentando di  elaborare il suo lutto, ostacolato dalla mancanza di giustizia che accompagna questa immane tragedia da oltre vent’anni. Si sente crescere la rabbia e il bisogno di versare quelle lacrime che sino ad oggi non hanno potuto trovare libero sfogo. Salvatore prosegue nel racconto passando per il funerale di suo fratello “senza Stato”, al tentativo di ritrovare una vita normale, al cammino di Santiago con Paolo che segnerà la fine di un lungo silenzio, alla reazione, alla nascita spontanea del Movimento delle Agende Rosse, alla inquietante e misteriosa scomparsa dell’agenda rossa del Giudice Paolo, alla trattativa tra esponenti politici e mafie.

Giunge infine alla realizzazione che oggi le idee di Paolo camminano sulle gambe di moltissimi  giovani e meno giovani in tutta Italia. Il sogno di suo fratello Paolo Borsellino è più vivo che mai e sarà proprio quel sogno a liberare l’Italia dalla morsa delle convivenze, delle collusioni e da quella cultura mafiosa che ha trascinato il nostro “ bellissimo ma disgraziato paese” nei meandri dell’ ingiustizia sociale, politica e economica.

“Grazie a Paolo ora so che non era importante la mia speranza, sento che Paolo, quando io non ci sarò più, continuerà a vivere dentro il cuore e nella mente di molti altri, di quei giovani che proseguiranno la lotta che io continuerò a combattere fino all’ultimo giorno della mia vita” – Salvatore Borsellino.

 

Christina Pacella (www.collettivoidra.com)












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