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Giulia Sarti: 'E' di magistrati vivi che abbiamo bisogno' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Giulia Sarti   
Sabato 13 Aprile 2013 16:13
di Giulia Sarti - 9 aprile 2013

Cari colleghi deputati,
proprio ieri si è svolta a Palermo, davanti al Palazzo di Giustizia, una manifestazione a sostegno del pm Nino Di Matteo e dei magistrati nisseni destinatari delle minacce contenute nelle lettere anonime del 23 marzo. Lettere in cui si evince che: “Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità. Cosa Nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d’accordo”. A scrivere è, come riporta l'articolo del Fatto Quotidiano del 2 aprile, uno dei membri del commando di morte, in grado di fornire una serie di notizie riservate e dettagliate sugli spostamenti quotidiani (e sui punti deboli della protezione) del pm che indaga sulla trattativa mafia-Stato. Sono quelle informazioni precise e circostanziate, assieme ad altre indicazioni su depositi di armi e di esplosivo nascosti in alcune borgate palermitane, che hanno indotto la Prefettura a riunire d’urgenza il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, per rafforzare la scorta e la vigilanza al magistrato più esposto e isolato d’Italia.

La solidarietà di fronte alle minacce non basta! É indispensabile promuovere un impegno costante da parte delle istituzioni per portare l'opinione pubblica a conoscenza dei retroscena agghiaccianti da cui si sono originati i processi  oggi pendenti: in primis, il processo sulla trattativa Stato-mafia in cui siedono sul banco degli imputati sia boss mafiosi ma anche esponenti del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno), imputati eccellenti come Marcello Dell'Utri e Nicola Mancino. Altrettanto importante il filone del processo Borsellino quater a Caltanissetta.

La pericolosità dei fatti accaduti è infatti aggravata dalla presenza di pezzi deviati dello Stato, come emerge dai riscontri processuali. É evidente dunque la fondamentale importanza di un intervento attivo da parte del Parlamento sotto un duplice profilo: non solo per consentire alla magistratura di poter svolgere nelle giuste condizioni il proprio delicato servizio ma anche collaborando attivamente attraverso l'istituzione di un'apposito Comitato ristretto all'interno della Commissione Antimafia che si occupi specificamente delle stragi '92-93 e della trattativa Stato-mafia.
La nostra proposta nasce spontanea dalla responsabilità che comporta il ruolo che oggi ricopriamo di fronte ad un vero e proprio massacro e a un'inaccettabile mancanza di collaborazione da parte delle istituzioni fino ad ora. É assolutamente necessario farsi carico dell'importanza del nostro ruolo all'interno di questi fenomeni ed è per questo che, nel pieno rispetto della separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, noi dobbiamo fare la nostra parte proprio perché, come diceva Giovanni Falcone: “Si muore quando si è soli”.

Per questo chiediamo a gran voce sia l'istituzione delle Commissioni Permanenti sia l'avvio della Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

La forza per cominciare a cambiare le cose mi nasce dal grido che proviene dalle parole profonde di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo: “Uno dopo l'altro sono stati lasciati soli Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e uno dopo l'altro li hanno massacrati, massacrati insieme alle mogli, se le avevano accanto, agli uomini e alle donne della loro scorta, massacrati e poi pianti con ipocrite lacrime e onorati soltanto perché erano morti, non costituivano più un pericolo per chi, lasciandoli soli, ne aveva decretato la morte.
La mafia non manda lettere anonime, la mafia non invia avvertimenti di morte, la mafia esegue le condanne a morte imbottendo un'autostrada di tritolo e azionando un telecomando, riempiendo una Fiat 126 di Semtex, l'esplosivo in uso ai militari e ai servizi segreti che qualcuno gli ha fornito e ha controllato che fosse piazzato a dovere. La mafia, non avverte, la mafia uccide. Ma c'è chi indica chi deve essere ucciso, chi può essere ucciso, si tratti di un magistrato che ha osato portare davanti alla sbarra degli imputati pezzi deviati dello Stato, delle istituzioni, si tratti del figlio di un mafioso che ha osato infrangere una scellerata congiura del silenzio pronunciando un nome "trattativa" fino ad allora impronunciabile, si tratti di un altro magistrato che squarcia il velo di un depistaggio messo in atto per coprire i veri autori e i veri mandanti di una "strage di Stato".
Tutto è troppo simile a quanto avvenuto prima delle stragi de'92 e lo dice, come monito, la stessa missiva che non è scritta da mano mafiosa ma da chi della mafia si è sempre servito.
Ma noi questa volta questi giudici non permetteremo che diventino eroi, noi è di magistrati vivi che abbiamo bisogno.”


Giulia Sarti (Camera dei Deputati, 9 aprile 2013)









 



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