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Don Pino Puglisi beato e martire, 'mafia intrinsecamente anticristiana' PDF Stampa E-mail
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Scritto da AGI   
Sabato 25 Maggio 2013 16:51
di AGI - 25 maggio 2013

Palermo, 25 mag. - L'annuncio era stato dato il 28 giugno scorso: don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, nuovo Beato. Benedetto XVI aveva riconosciuto il fatto che l'esecuzione ordinata dai boss e avvenuta davanti alla parrocchia di San Gaetano, retta dal sacerdote, nel quartiere Brancaccio, fu "martirio", commesso "in odio alla fede". E Papa Francesco, appena lunedi' scorso, durante la visita "ad limina" della Conferenza episcopale siciliana ha esortato la Chiesa locale a dare contro la mafia, una testimonianza piu' chiara e piu' evangelica. Nei quasi 20 anni che separano dall'assassinio di padre Pino, "la verita' e' infine emersa", ha a suo tempo spiegato il postulatore della causa di beatificazione, l'arcivescovo Vincenzo Bertolone, legando la verita' del martirio di Puglisi a "quella giudiziaria, vergata con inchiostro indelebile dalla Cassazione" secondo cui "l'omicidio fu deciso dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano per mettere a tacere un sacerdote scomodo, socialmente impegnato, che col suo ministero di pastore di anime, di formatore di coscienze cristiane, soprattutto di quelle dei fanciulli, li ridicolizzava sottraendo loro manovalanza, prestigio e potere, come del resto sprezzantemente li rimproverava uno dei capi indiscussi di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella".
Chi diede l'ordine di ucciderlo per Bertolone, lo fece "non per eliminare un pericoloso nemico, alla stregua di magistrati, giornalisti, esponenti delle forze dell'ordine e della societa' civile, ma per cercare di fermare un luminoso testimone di fede". Puglisi "era persona tutta di un pezzo, agiva umilmente, con semplicita', senza cercare visibilita', antieroe: annunciava e proclamava l'Unico Necessario, il Padre Nostro". E fu proprio l'essere un uomo libero, "armato della sola forza della Parola, a costargli la vita", giustiziato dall'odio che i mafiosi nutrivano verso il suo modo di essere sacerdote. La sua figura riveste un ruolo di "grande importanza per la societa' civile, per la Chiesa universale, in particolare per la Chiesa palermitana e siciliana e per tutte quelle che si confrontano sul proprio territorio con le organizzazioni criminali, perche' il suo sacrificio ha svelato il grande inganno della mafia, sedicente portatrice di religiosita'. Il suo esempio e' stato ed e' cosi' forte da aver attraversato il tempo: nei 19 anni trascorsi, Brancaccio, Palermo, la Sicilia, l'Italia, il mondo non lo hanno dimenticato".
"La mafia e' intrinsecamente anticristiana", ha poi ribadito il prefetto della Congregazione per le cause dei santi, cardinale Angelo Amato. Quello di don Puglisi, spiega, e' stato un "martirio, perche' e' stato ucciso in odium fidei". "Ovviamente - ha sottolineato il cardinale salesiano - qui bisogna chiarire cosa significa in odium fidei, dal momento che la mafia viene descritta spesso come una realta' 'religiosa', una realta' i cui membri sembrano apparentemente molto devoti". Nel processo canonico, e' stato approfondito questo aspetto "e abbiamo visto come, da una parte, abbiamo un'organizzazione che, piu' che 'religiosa', e' essenzialmente 'idolatrica'". Anche il paganesimo antico, ricorda Amato, era 'religioso', ma la sua religiosita' era rivolta agli idoli. Nella mafia gli idoli sono il potere, il denaro e la prevaricazione. E' quindi una societa' che, con un involucro pseudo religioso, veicola un'etica antievangelica, che va contro i dieci comandamenti e il Vangelo. La Scrittura dice: non uccidere, non dire falsa testimonianza. Nella ideologia mafiosa, invece, si fa esattamente l'opposto. Gesu' ha detto di perdonare ai nemici e qui troviamo il contrario: la vendetta". Per la Chiesa Cattolica, dunque, "la mafia e' intrinsecamente anticristiana". Per di piu', l'odio verso don Puglisi era determinato "semplicemente dal fatto che si trattava di un sacerdote che educava i giovani alla vita buona del Vangelo". Dunque "sottraeva le nuove generazioni alla nefasta influenza della malavita". Davanti a casi analoghi, altri vescovi, potranno ora decidere di seguire l'esempio dell'arcidiocesi di Palermo e introdurre cause di beatificazione per chi ha pagato con la vita il suo impegno per sottrarre i ragazzi alle cosche. Secondo il prefetto per le cause dei santi, "pur in un contesto nuovo anche in don Puglisi si verifica il concetto tradizionale di martirio e cioe', appunto, un battezzato ucciso in odio alla fede".
E' stato ucciso "in quanto sacerdote, non perche' immerso in attivita' socio-politiche particolari. Ucciso in quanto predicava la dottrina cristiana ed educava i giovani a vivere con coerenza il loro battesimo". Mori' per strada, ha sottolineato don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, "dove viveva, dove incontrava i 'piccoli', gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e quanti, con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalita', soprusi e violenze. Probabilmente per questo lo hanno ucciso: perche' un modo cosi' radicale di abitare la strada e di esercitare il ministero del parroco e' scomodo. Lo hanno ucciso nell'illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione". Per don Ciotti, il sacerdote palermitano "ha incarnato pienamente la poverta', la fatica, la liberta' e la gioia del vivere, come preti, in parrocchia". Con la sua testimonianza, dunque, don Pino "ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realta' con impegno e silenzio".

AGI














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