Leggo con meraviglia l'articolo di Enrico Deaglio uscito nell'allegato del Venerdì del Giornale La Repubblica il 28 giugno 2013
Sin'ora Deaglio era stato uno dei miei giornalisti preferiti, figuratevi che per la presentazione alla Feltrinelli di Palermo del libro il "Vile Agguato" avevo amorevolmente insistito con Manfredi Borsellino perchè andasse. Oggi non lo farei mai più.
Trovo assolutamente incomprensibile ogni parola dell'articolo e cio' che mi stupisce è che nessuno abbia ritenuto "pericolose" le frasi in esso descritte. Non m'interessa per intero il contenuto dell'elaborato, non sono avvocato di nessuno, ma la parte finale ove Deaglio scrive ipotizzando che Spatuzza e chi indaga "oggi" possano essere in maniera piu' o meno consapevole tasselli della trattativa m'indigna (il giornalista prudentemente non scrive i nomi, ma palesemente punta il dito verso la Procura Nissena).
Deaglio non vive e lavora né a Palermo né tanto meno a Caltanissetta, e le persone che lo informano mentre lui rimane nella privilegiata postazione degli U.S.A. evidentemente (o come scriverebbe lo stesso) "inconsapevolmente" turbano, destabilizzano, confondono l'ignaro lettore. Bene: se non vivessi quotidianamente al fianco di chi indaga, da comune lettore anche io avrei avuto sussulti e dubbi. L'amarezza nel leggere queste parole è tanta. In genere quando intervengo o mi viene chiesto di intervenire a mezzo stampa, lo faccio in nome e per conto di un'associazione che rappresento. Oggi voglio scrivere da libero cittadino, da persona indignata dalla lettura dello "sventurato" articolo che nella parte conclusiva si rivolge e non metaforicamente e pone quesiti come metter in dubbio che... Allora io metaforicamente per concludere ritengo che quest'articolo sia una zuppa insapore DEAGLIO, OLIO E PEPERONCINO...
di Luigi Furitano - 1 luglio 2013
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