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Decreto svuota-carceri, 'fate un favore alla mafia' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Silvia D'Onghia   
Mercoledì 15 Gennaio 2014 23:39
di Silvia D'Onghia - 15 gennaio 2014

Non serve a risolvere il problema del sovraffollamento, è molto peggio di un indulto. E, soprattutto, premia i mafiosi”. Non usa mezzi termini il procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, esaminando il decreto svuota-carceri durante un’audizione, ieri mattina, in commissione Giustizia alla Camera. Le critiche più pesanti riguardano la “liberazione anticipata speciale”, ovvero la norma che porta da 45 a 75 i giorni di sconto concessi ogni sei mesi di detenzione. Misura che prevede una retroattività al 2010.

“AVENDO DECISO di affrontare il sovraffollamento rinunciando alla sanzione penale – scrive Ardita nella sua relazione –, il legislatore d’urgenza sembrerebbe da un lato aver effettuato una opzione minimale, e dunque certamente non in grado di risolvere il problema dell’affollamento, e dall’altro avere scelto i soggetti da scarcerare tra i mafiosi e i più pericolosi (rectius condannati a pene lunghe) e solo in parte minima tra coloro che sono stati raggiunti dall’intervento penale a pioggia (in primo luogo extracomunitari e tossicodipendenti)”.

Ardita, che è una delle persone più competenti in materia essendo stato per nove anni direttore generale dei detenuti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, spiega nel dettaglio. La misura prevista dal decreto si applica a tutti i detenuti, 416-bis compresi, perché si basa come unico presupposto sull’“opera di rieducazione”. Che, attenzione, non vuol dire altro che colloqui con la famiglia, attività teatrali, attività sportive. Nessuno escluso, dunque.

Ma quanto la liberazione anticipata inciderà realmente sul problema per cui Strasburgo rischia di condannarci, e cioè il sovraffollamento? “Non potrà che incidere in modo molto marginale – scrive Ardita – potendo riguardare al più qualche migliaio di soggetti”. Non usciranno certo di galera i poveri cristi, o saranno pochissimi, mentre verrano premiati – non si sa a fronte di cosa – coloro che sono stati condannati a pene lunghe.

TRADOTTO: chi deve scontare, da sentenza, sei anni di carcere potrebbe uscire dopo tre anni e mezzo. “Anche un penitenziarista poco esperto    – prosegue il procuratore aggiunto – può ben comprendere come uno strumento così concepito venga a minare alle fondamenta i principi stessi del trattamento penitenziario, che presuppone sempre percorsi nei quali i benefici siano il frutto di sacrificio, attraverso la revisione critica del proprio passato criminale e la provata volontà di reinserirsi nel tessuto sociale”. Un regalo, bello e buono, a chi ha commesso gravi delitti e non ha mostrato neanche il minimo segno di pentimento.

C’è poi un altro elemento che vale la pena evidenziare. Il ministro Cancellieri ha messo in piedi il decreto per svuotare le carceri sovraffollate, ma coloro che hanno condanne pesanti, i criminali veri, sono in celle doppie o al massimo triple, non sono certo stipati come bestie sulle brandine a quattro piani. Più che rispondere alle accuse di Strasburgo, il provvedimento potrebbe tornare utile a delinquenti dentro i nostri confini . Ardita si pone infine una domanda importante: perché destinare il costo sociale di quest’operazione ai cittadini, che ne pagherebbero la pericolosità, visto che – statisticamente – il numero dei reati aumenterebbe? Una timida risposta arriva, a tarda sera, dal capogruppo Pd in commissione Giustizia, Giuseppe Lumia: “Non approveremo mai un decreto che contenga falle così clamorose. Inseriremo un doppio binario che esclude tassativamente i reati di mafia”. La Lega, allergica – da statuto – alla parola “mafia”, ne chiede invece il ritiro in toto.


Silvia D'Onghia (Il Fatto Quotidiano del 15/01/2014)





SVUOTA-CARCERI. TOTÒ CUFFARO, IL BOSS RIBISI E IL POLIZIOTTO DEL G8: FUORI TUTTI


È accertata” la “sussistenza di ripetuti contatti” fra l’ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, e “vari esponenti” di Cosa Nostra, il che “spiega” quale sia stato “l’atteggiamento psichico” dello stesso Cuffaro nel rivelare al boss di Brancaccio, Guttadauro, “con il quale aveva stipulato un accordo politico mafioso”, la notizia che c’erano indagini sul capomandamento.

I giudici della Cassazione spiegano così la condanna a sette anni di carcere per Salvatore “vasa vasa” accusato di favoreggiamento aggravato. Sentenza diventata definitiva il 22 gennaio 2011. Tre anni dopo, Cuffaro vede concreta la possibilità di ottenere la liberazione anticipata. Possibilità servita su un piatto d’argento dal cosiddetto decreto svuota-carceri voluto dal Guardasigilli Annamaria Cancellieri, approvato dal governo prima di Natale e che da qualche settimana sta facendo sentire i suoi effetti concreti. Nel dicembre scorso il tribunale di Sorveglianza aveva respinto la richiesta di affidamento ai servizi sociali fatta dai legali di Cuffaro. Ora, però, l’ex governatore punta sulla possibilità di accedere allo sconto speciale di 75 giorni (invece di 45) ogni 6 mesi, retroattivo fino al 2010. Fatti un po’ di calcoli e data per acquisita la buona partecipazione alla vita del carcere, per Cuffaro il ritorno in libertà appare realmente dietro l’angolo e dopo aver scontato solamente metà della pena.

Insomma, il nuovo decreto se da un lato promette di svuotare le galere con un occhio rivolto soprattutto ai reati minori (spaccio e furti), dall’altro rischia di innescare antipatici cortocircuiti con drammatici sconti agli uomini della mafia in carcere non solo per 416 bis, ma anche per reati satellite come il traffico internazionale di droga. Su questa linea, lo sconto di pena e la conseguente libertà anticipata potrebbe riguardare concretamente un noto boss della ‘ndrangheta che fino ai primi anni Novanta ha comandato in Lombardia. Il suo fine pena è fissato nel 2017 e dunque a oggi ha un residuo inferiore ai 4 anni, esattamente il tetto previsto dal decreto.

Chi due giorni fa è già tornato in libertà è il 34enne Nicola Ribisi, arrestato nel 2011 con l’accusa di aver riorganizzato la famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro falcidiata dalle faide degli anni Novanta. L’indagine era nata seguendo le indicazioni di alcuni pizzini trovati nel covo di Bernardo Provenzano. Non solo: gli investigatori hanno dimostrato come lo stesso Ribisi, anche dopo l’arresto, continuasse a tirare le fila degli affari da dietro le sbarre del carcere. Ribisi, condannato assieme allo zio Ignazio, doveva scontare una condanna a 5 anni e 4 mesi. Ma grazie al nuovo decreto, il tribunale di Sorveglianza, accogliendo il ricorso dei legali, ha concesso al presunto boss il nuovo sconto di pena di cinque mesi per ogni anno di carcere.

La stessa sorte del giovane Ribisi è toccata all’anziano boss agrigentino Carmelo Vellini, scarcerato proprio alla vigilia di Natale. Arrestato nel 2008 con l’accusa di essere il capomafia di Naro e soprattutto di aver favorito la latitanza di Giuseppe Falsone detto Ling ling, boss di Campobello di Licata, fermato a Marsiglia nel 2010 ed estradato in Italia l’anno successivo. Spiega il legale di Vellini: “È stato tra i primi ad avere beneficiato del nuovo decreto legge svuota carceri, che prevede la concessione, per ogni semestre di carcerazione espiato, di un periodo di liberazione anticipata pari a 75 giorni anziché 45 giorni come previsto in precedenza”. Sul caso, Andrea Colletti del Movimento Cinque stelle ha annunciato che presenterà un’interrogazione al Guardasigilli perché riferisca in aula su quanti condannati per mafia abbiano ottenuto la liberazione anticipata e quanti la otterranno.

Dei nuovi benefici ha usufruito pure Gilberto Caldarozzi, ex capo dello Sco condannato in via definitiva per le violenze alla scuola Diaz, durante il G8 di Genova nel 2001. Dovendo scontare un cumulo di 8 mesi, ha ottenuto i domiciliari.


Davie Milosa (Il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2014)










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