di Claudio Porcasi - 22 maggio 2014

“E’ soltanto una ‘pupiata’ priva di senso. In quel computer non c’è più nulla, come ha evidenziato una mia perizia di diversi anni fa”. Così Gioacchino Genchi, ex consulente informatico della Procura di Caltanissetta, titolare dell’indagine sulla Strage di Capaci, spegne gli entusiasmi sulla possibilità che dal Toshiba del giudice possano emergere informazioni importanti. Il computer è stato consegnato dalla sorella del giudice alla Procura di Caltanissetta, come rivela oggi il quotidiano La Repubblica.
Fu lo stesso Genchi a eseguire la prima perizia sul computer. E oggi conferma: “Quel computer è stato manomesso da mani esperte. Hanno installato un pc-tool che ha cancellato tutto. Non vedo come possano venire fuori nuovi dati”.
Quindi, almeno secondo il parere dell’ex super consulente informatico di molte procure italiane, il gesto di Maria Falcone, la sorella del giudice ucciso dalla mafia, di riconsegnare dopo 22 anni il computer ai magistrati non servirebbe a fare luce sul mistero che sta dietro alla Strage di Capaci.
La speranza dei magistrati nisseni è trovare il diario personale di Giovanni Falcone. Una serie dettagliata di appunti di cui Falcone aveva parlato ad alcuni amici e colleghi, di cui non è stata trovata traccia sia negli uffici di via Arenula a Roma, dove dirigeva la sezione Affari Penali del ministero della Giustizia, sia nella casa palermitana di via Notarbartolo.

Un grande mistero è celato dietro ai computer di Falcone. Di certo si sa che il 6 giugno 1992, 14 giorni dopo l’attentato, qualcuno accese il computer Olivetti M380 che il magistrato teneva sulla sua scrivania assieme ad un’unità di back up. Alcuni file vennero aperti e salvati nuovamente. Un’operazione di cui è rimasta traccia nel pc. Un altro computer del giudice, un portatile Compaq,  fu accesso tre giorni per accedere all’archivio riservato, in cui erano conservati gli elenchi della struttura segreta Gladio.
Altri due computer furono ritrovati dai familiari di Falcone nella sua abitazione palermitana, in via Notarbartolo. Sono il portatile Toshiba e un databank Casio, una sorta di agenda elettronica molto più sofisticata. Genchi, chiamato dalla Procura di Caltanissetta a esaminare i pc, si accorse subito delle manomissioni. “E’ un dato di fatto – afferma il consulente informatico ed ex funzionario di – che quelli che per primi hanno toccato quegli appunti, quei reperti informatici di Falcone, hanno fatto carriera e sono ai vertici della polizia di Stato. Io che ho scoperto le loro malefatte sono stato destituito dalla polizia di Stato, questo mi sembra basti già a dimostrare quello che è accaduto”.

Claudio Porcasi (blogsicilia.it, 22 maggio 2014)