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Rubriche - Le vostre lettere
Scritto da Silvia Camerino   
Lunedì 19 Gennaio 2015 15:26

di Silvia Camerino - 19 gennaio 2015

Caro Paolo,
avrei voluto che ricevessi questo scritto che volge al presente, e che il passato dentro a questo naufragar d'esistenza non facesse mai capolino, perché se avessi d'un tratto, in un giorno come un altro, scritto una lettera che volgeva al passato anziché al presente, codesta scelta avrebbe implicato una resa che non mi aspettavo, ed in verità m'hanno sorpreso molti avventi, ed io vorrei venirti incontro, e raccontarti perché non mi sono arresa alla vita, perché non m'arrendo alla morte,e peso sulla bilancia del tempo le opportunità che non posso perdermi, perché se questo avvenisse, significherebbe perderti ancora. Ed io mi rifiuto di perdere un padre buono che ho ritrovato da sempre, che m'ha insegnato a camminare,a parlare, ed a maggior ragione a comprendere, che in questo Paese chi si ferma è perduto. Quindi mi guarderò intorno di tanto in tanto, poi scampata alla furia del vento, afferrerò la tua mano e ci incammineremo verso l'orizzonte tiepido del cielo.

Dovrei ritrovar le parole che ho lasciato dietro ai sassi, e sapessi per quanto tempo le ho cercate, per te, per quest'Italia inossidabile di peccati, per questo mare azzurro cielo,come il volto di Iddio, e ti immagino passeggiare per le strade di Palermo, senza scorta,senza freni, senza sofferenze silenti quanto i segreti che non possiamo nascondere. E t'immagino solo in compagnia di te stesso, mentre porti le mani dietro alla schiena, stirando con il piede la piega dei pantaloni,ma io non t'immagino da magistrato sai? Credo che il tuo lavoro fosse incluso nel pacchetto dei miei pensieri,contrariamente a quello che ostentiamo a pensare, tu eri Paolo,marito,padre,fratello e figlio, ed ancora, eri Paolo quando sceglievi di privarti delle piccole gioie della vita,perseguendone altre, gioie che nessuno voleva comprendere, e quel dono era un'eredità, che oggi scartiamo come fosse una scatola di cioccolatini, e mai saremo abbastanza consapevoli del tuo dono, mai abbastanza convinti di questa fine amara, quanto un inizio che si proietta e trasmette speranza; ed allora scelgo di ricevere il tuo dono, di dichiararmi erede della tua eredità ,e di brillare come le stelle, ritrovando il mio posto, scritto e rivendicato dalle tue parole.

Caro Paolo, in un tempo lontano m'affidai a te, e tu nel silenzio della notte giungesti e mi chiedesti perché piangevo,ed io mi sentivo così sperduta, come se fossi rimasta l'unica superstite dentro ad un mondo d'anonimi, e mi prendesti la mano promettendo che mai più m'avresti lasciata sola nella lotta contro me stessa, contro dei principi sfalsati, e se alla tua morte dovevo dare un senso l'avrei fatto soltanto dopo aver capito che dovevo appellarmi a te, dovevo insistere affinché tu mi guidassi, e dovevo inseguire le tue orme, inciampando di tanto in tanto, senza allontanarmi dalla strada. Non avrei rinnegato il mio impegno, e mi sarei difesa , quando gli avvoltoi avrebbero tentato di usurpare i miei sogni, ed avrei seminato con le parole altro amore; ma per diventare il testimone d'una lotta senza fine, mi sarei dovuta fermare, chieder riparo dentro agli angoli del mondo, e dichiarar pace ai guerrieri, ed indignarmi quando l'opposizione diventava resa. E resistere quando la paura raggiungeva picchi così alti, da sbattere con il capo sul lucido marmo della notte. Insieme a te, mio caro Paolo, ho imparato che il coraggio nasce dal dolore più profondo,e che tutti in questa vita abbiamo un ruolo, che potrebbe esporci, ma siamo giovani, e dobbiamo trovare un posto dentro al quale brillare. Siamo giovani è dobbiamo rischiare di sbagliare. Dobbiamo deporre le armi e studiare, sforzandoci di conoscere l'infinito dei giorni,chiedendo il perché ,quando un passaggio ci sfugge, ritrovando ordine nel disordine, correre per le piazze, ed urlare giustizia, pretendendo che ci venga restituito il diritto di sperare, il diritto d'essere liberi dalle catene d'oppressione, il diritto di rinascere per non morire mai. Quanti diritti. Quante parole. Quanti sogni t'ho appena confidato, e sei stato tu a descriverli, e quando non li capivo li disegnavi . Quando mi perdevo tu mi chiamavi, ed allora non è troppo tardi per ricominciare. Non è troppo tardi per ricordarti vivo.

Adesso vieni qui. Siedi accanto a me, e guarda il cielo. Non lasciare che le parole t'incantino, non lo senti questo silenzio disarmante, quasi volesse intonare una melodia che conosci da sempre. Non vedi quello che vedo io? Un cielo ammantato di stelle, che singhiozzano,compiono milioni di capriole, e brillano. Quelle stelle le hai accese tu,una ad una, e vivono perché tu vivi, sperano perché tu speri. Resistono perché tu resisti. E restano perché tu sei rimasto. Quanta vita c'è dentro a questo Paese, vita sprezzante che s'aggrappa ad altra vita, vieta cieca che può ascoltare, vita muta che può vedere. Vita dentro alle lacrime, alla nostalgia,alla rabbia per averti perduto così in fretta, e t'avrei dovuto salvare la vita ventidue anni fa, gi italiani avrebbero dovuto soccorrere la tua solitudine, ma così non è stato, ed allora ti chiedo di non morire ancora. Resta vivo, cosicché io possa prometterti altri sogni. Adesso basta parlare. Guarda il cielo. Siamo tutti uguali. Brilliamo di certezze. Brilliamo per te. Così sarà. Fino all'ultimo giorno della mia vita. Buon compleanno Paolo.

Silvia Camerino.

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