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Polizia e ministro dell’Interno contro il pm della scuola Diaz PDF Stampa E-mail
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Scritto da Luca Rinaldi   
Sabato 13 Giugno 2015 15:06

di Luca Rinaldi - giugno 2015

Enrico Zucca,
oggi sostituto procuratore generale di Genova, è stato il pubblico ministero che ha seguito i processi scaturiti dai fatti della scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001. Uno di quei pm che ha sempre preferito far parlare gli atti al posto delle parole dette da un palco. Mai in cerca di una platea, tanto che la prima uscita pubblica di Zucca è arrivata a quattordici anni dai fatti e a oltre dieci dalla prima udienza del processo. Processo che in Cassazione ha condannato i massimi dirigenti della polizia italiana dell’epoca per le violenze e le falsificazioni delle prove relative all'irruzione nella scuola Diaz. Uscita pubblica che ha subito alzato un vespaio che vede il capo della Polizia Alessandro Pansa, e il ministro dell’Interno e Angelino Alfano redarguire Zucca, chiedendo al ministro della Giustizia Andrea Orlando di pensare a un intervento disciplinare.


Il magistrato ha parlato lo scorso 7 giugno dal palco de La Repubblica delle Idee durante il dibattito "Diaz e Bolzaneto, dentro le inchieste”. Zucca, intervistato dai giornalisti Marco Preve e Carlo Bonini è stato forte e chiaro: i fatti della Diaz sono stati «oggetto di un fenomeno classico di rimozione» da parte della polizia. C'è stata una «immediata negazione, forse anche perché, bisogna riconoscerlo, è un trauma enorme», e a questo è seguita «la totale rimozione».
Zucca dice poi a chiare lettere che dopo i fatti del G8 di Genova nel 2001 la polizia non è guarita e che teme «una nuova Diaz». «La Diaz - ha sottolineato - porta alla luce problemi endemici: allo stato attuale la polizia rifiuta di leggere se stessa, e a questo punto è difficile non si ripetano più gli stessi errori. È - ha chiosato il magistrato - come se le diagnosi dei medici fossero state perennemente ignorate. La Corte Europea dice che i picchiatori furono impunemente coperti e soprattutto che la polizia italiana ha altrettanto impunemente rifiutato di collaborare».

Punto quest’ulitmo rimarcato anche in uno degli atti ufficiali entrati nel processo: si tratta dell’archiviazione chiesta nel febbraio 2012 per il reato di tentato omicidio e per le percosse subite dal giornalista inglese Mark Covell. Nella richiesta del pm si leggeva come non sia stato possibile identificare gli agenti responsabili dal momento che le indagini sono state ostacolata da “una certa volontà di nascondere fatti e responsabilità" dovuta ad un "malinteso senso dell’onore dell’istituzione”.

Il magistrato rincara la dose: «Attenzione poiché non si tratta di un corpo astratto, ma con dirigenti precisi - dice Zucca riferendosi alla Polizia -: Gianni de Gennaro prima, poi Antonio Manganelli, quindi i suoi successori. Sono loro che hanno, lo dico ancora, impunemente, violato il dovere di sospendere e rimuovere i funzionari condannati».

Apriti cielo: il capo della Polizia Alessandro Pansa, d’intesa con il ministro dell’Interno Alfano, ha chiesto al ministro della Giustizia Andrea Orlando «di valutare eventuali profili disciplinari» nei confronti dello stesso Zucca. Contemporaneamente il sindacato di polizia Siulp parlava di «inutile e dannoso exploit del magistrato».

Eppure Zucca può essere smentito a fatica sui fatti della Diaz e sulle sacche di impunità: i premi ai torturatori della Diaz, dove tortura è termine e fattispecie giuridica definita dalla Corte di Strasburgo, non certo un termine di conio giornalistico, sono stati e sono tutt’ora sotto gli occhi di tutti. Tra coloro che ancora trovano posto tra le Forze dell’Ordine, chi ha ricevuto promozioni in posizioni apicali della macchina operativa e amministrativa dello Stato. Da Spartaco Mortola allo stesso De Gennaro, passando per Filippo Ferri e Giuseppe Caldarozzi, per non parlare di coloro che insegnano alla scuola di Polizia allevando le nuove leve dei dirigenti all’Istituto Superiore di Polizia.

Resta da capire quale immagine della Polizia Pansa e Alfano, nei prossimi giorni si vedrà se arriverà il provvedimento del ministro della Giustizia Orlando, abbiano intenzione di tutelare davanti ai cittadini italiani. La replica di Zucca all’iniziativa del capo della Polizia e del ministro dell’Interno è un no-comment: «Non posso commentare. Sono a disposizione a petto aperto», fa sapere rispondendo a una intervista sul Fatto Quotidiano di oggi 9 giugno. Non va dimenticato che, tra le altre cose, il sottosegretario dell'attuale ministro Andrea Orlando è l'ex magistrato Cosimo Ferri, fratello di Filippo, tra i superpoliziotti condannati per le vicende della Diaz.

Alessandro Pansa e Angelino Alfano potrebbero però non essere gli unici ad aver mal digerito le parole di Zucca, che nel corso del suo intervento ne ha avute anche per il reato di tortura e per il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone. Nei confronti di quest’ultimo Zucca era già intervenuto in occasione del commento riguardante la sentenza della corte di Strasburgo: «Sono rimasto indignato . I fatti della Diaz - commentò all’epoca Cantone - sono vergognosi ma le indagini su quei fatti hanno consentito di individuare le responsabilità, anche dei vertici senza bisogno del reato di tortura. La polizia italiana è democratica da molto più tempo di quanto le sentenze della Corte Europea facciano pensare che sia».

Zucca rispose così: «Sono allibito dalle dichiarazioni di Cantone. Sottolineare che la polizia italiana è democratica è un'ovvietà. Piuttosto, Cantone non coglie che nei comportamenti della polizia così duramente sanzionati dalla Corte di Strasburgo sono contenuti proprio quegli elementi che internazionalmente definiscono la cosiddetta “corruzione per nobile causa” fenomeno tipico delle forze di polizia. Ed è un peccato che non se ne sia accorto visto il suo ruolo al vertice dell’anticorruzione».

Sul reato di tortura dalle colonne del Fatto Quotidiano il pm della Diaz è netto: «Una legge inutile», troppe sfumature «sui diritti fondamentali e sulla tortura - dice Zucca - non ci sono sfumature di grigio. O bianco o nero. Un po’ di tortura non è accettabile». Non è tenero nemmeno con la sua categoria: «L’indifferenza tenuta (dalla magistratura, ndr) stride con il notorio interventismo su ogni tema, anche e soprattutto in occasione dei processi di riforma legislativi. Come singoli o come associazione si parla di tutto, perfino di legge elettorale. Incredibile manchi un contributo sui diritti fondamentali e su una inadempienza del legislatore ormai trentennale».


Luca Rinaldi (www.linkiesta.it)





 

 

 

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