.......la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Nei mesi scorsi l’uomo, malato di tumore, era stato ricoverato a Sulmona per un intervento. Tornato in carcere le sue condizioni di salute si sono aggravate e adesso l’uomo ha perso venti chili e ne pesa circa 50. Entro trenta giorni il tribunale di sorveglianza dovrà fissare una nuova udienza nella quale, in composizione collegiale, valuterà nel dettaglio la decisione del magistrato. Belfiore per ora verrà trasferito ai domiciliari in Piemonte, dalla sua famiglia.
Belfiore venne condannato all’ergastolo nel 1993. Gli investigatori erano arrivati a lui grazie alla collaborazione di Francesco Miano, esponente del clan dei catanesi che in carcere aveva raccolto le dichiarazioni del calabrese, il quale sosteneva che a uccidere il giudice era stata la ‘ndrangheta. Gli avvocati di Belfiore, però, sottolineano come l’uomo non sia mai stato condannato per associazione mafiosa. Sull’omicidio di Caccia esistono ancora alcuni dubbi. La procura di Milano ha riaperto le indagini dopo le denunce dell’avvocato della famiglia Caccia, Fabio Repici, contro Rosario Pio Cattafi, avvocato e boss messinese detenuto al 41bis, e Demetrio Latella detto “Luciano”, un sicario attivo nel Nord Italia.