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Delitto Agostino, il gip riapre l'inchiesta PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Mercoledì 17 Giugno 2015 21:37
di Salvo Palazzolo - 17 giugno 2015

E’ ormai diventato il simbolo dei misteri di Palermo. L’assassinio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, che era incinta. Furono trucidati il pomeriggio del 5 agosto 1989, a Villagrazia di Carini.  Poi, i due killer sulla moto scomparvero. E di loro non si è saputo più nulla. Fino a quando, alcuni anni fa, il pentito Vito Lo Forte ha fatto due nomi. Quello di Antonino Madonia, all’epoca uno dei sicari più fidati di Totò Riina, rampollo del capomafia di Resuttana. E quello di Gaetano Scotto, un imprenditore dell’Arenella ritenuto vicino a strani ambienti dei servizi segreti. Ma le parole di Lo Forte non sono bastate ai pubblici ministeri Nino Di Matteo e Francesco del Bene per portare a processo i due presunti assassini del poliziotto e di sua moglie. Così, un anno fa, era scattata una richiesta di archiviazione, a cui si era opposto l’avvocato Fabio Repici, in rappresentanza della famiglia Agostino. Lunedì mattina, il giudice delle indagini preliminari Maria Pino ha firmato l’ordinanza che  rigetta l’archiviazione e ordina alla procura nuove indagini, da fare entro sei mesi.
 
Il giudice intende cercare riscontri alle parole di Lo Forte. Nella sua ordinanza di quattro pagine ricorda che la fonte del collaboratore è Pietro Scotto, il fratello di Gaetano: «Ero in carcere quando successe l’omicidio – ha detto sin dall’inizio Lo Forte – nel dicembre 1989, poi, mentre ero agli arresti domiciliari Pietro Scotto mi disse questa cosa. Gli interessava dire che il fratello era diventato importante». Il giudice suggerisce di interrogare Vito Galatolo sull’argomento, anche lui gravitava nello stesso ambiente di Scotto e Madonia. «Dovrà altresì tenersi conto – aggiunge Maria Pino – di quanto il collaboratore Angelo Fontana ha ritenuto di aver appreso da Angelo Galatolo, figlio di Giuseppe, e da Antonino Pipitone, sia di quanto dichiarato da Francesco Onorato, in merito al rapporto che anteriormente al 1992 sarebbe valso a legare Antonino Madonia, esponente apicale del mandamento di Resuttana, al funzionario della polizia Arnaldo La Barbera».
 
E’ il capitolo più delicato delle nuove indagini chieste dal gip, quello dei rapporti fra mafia ed esponenti delle istituzioni. Rapporti che Agostino avrebbe scoperto lavorando sotto copertura ad alcuni casi. Quali, non è ancora ben chiaro. Perché lui era ufficialmente solo un agente del commissariato San Lorenzo, in realtà si sarebbe occupato della cattura di alcuni superlatitanti, come svelò la sera del delitto un suo collega di pattuglia. Ma quella confidenza fu ignorata dall’allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera, che preferì piuttosto seguire la pista di un’improbabile vendetta per motivi passionali. Dunque, adesso, il gip chiede che si faccia luce anche sul depistaggio che per molti anni ha impedito la ricerca della verità sul caso Agostino. In questa direzione, Maria Pino accoglie una richiesta del legale di parte civile della famiglia Agostino e sollecita la procura di Palermo a recuperare la trascrizione integrale dell’audizione dell’ex prefetto Luigi De Sena davanti ai pm di Caltanissetta: De Sena fu fra il 1985 e il 1992 ai servizi segreti, era grande amico di La Barbera. A lui i pm avevano chiesto dei rapporti fra l’ex capo della mobile palermitana e il Sisde. Ma le risposte sono state evasive. E il giudice vuole approfondire il perché.
 
Maria Pino dispone pure che il padre dell’agente ucciso venga messo a confronto con Giovanni Aiello, l’ex poliziotto della squadra mobile di Palermo sospettato di essere “faccia da mostro”, l’infedele che secondo alcuni pentiti sarebbe stato al centro di una lunga stagione di delitti eccellenti. Un uomo con la “faccia da mostro” aveva cercato Nino Agostino pochi giorni prima del delitto, a casa di suo padre. Disse: “Siamo colleghi”. E andò via con un complice, su una moto.  
 
«Credo che oggi siamo più vicini alla verità – commenta Fabio Repici – questo provvedimento del giudice Pino è importante, perché consentirà alla procura di Palermo di acquisire tutta una serie di nuovi atti di indagine disposti in questi ultimi mesi». Sono le indagini di Caltanissetta e di altre procure su “faccia da mostro”. «Ho la speranza che a breve si possa finalmente aprire un processo per l’omicidio di Nino Agostino e di sua moglie Ida – dice Repici – è venuto il momento di fare luce su questa drammatica pagina della nostra storia recente».


Salvo Palazzolo (www.repubblica.it)












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