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Familiari di Bruno Caccia: 'Non abbiamo alcuna intenzione di recedere dal processo in corso' PDF Stampa E-mail
Editoriali - Comunicati
Scritto da Fabio Repici   
Lunedì 24 Aprile 2017 18:37
di Fabio Repici - 21 aprile 2017

In relazione all'articolo dal titolo «La Corte nega nuove indagini e deposizioni i figli di Bruno Caccia disertano il processo», pubblicato nel numero del 20 aprile nella cronaca di Torino, i familiari del dottor Bruno Caccia, parti civili nel processo in corso presso la Corte d’Assise di Milano contro il sig. Rocco Schirripa, segnalano, mio tramite, che essi non hanno per nulla, intenzionalmente o polemicamente, “disertato il processo”, come erroneamente scritto: se fossero stati interpellati, avrebbero spiegato come nessuno di loro abbia potuto presenziare all'ultima udienza soltanto per ragioni di ordine pratico. Per il rispetto che essi, come chiunque può comprendere, hanno nei confronti della giustizia, manterranno attiva e sostanziale la loro presenza processuale, senza alcuna intenzione di recedere. E' vero, viceversa, che ritengono inappropriata rispetto al fine dell'integrale accertamento della verità l'adozione di un canone eccessivamente restrittivo e selettivo nel corso delle indagini, prima, e del dibattimento, adesso. Al riguardo, attraverso il loro difensore, faranno ricorso agli strumenti processuali consentiti per ottenere nella misura più ampia verità e giustizia sull'assassinio del dottor Bruno Caccia, nel rispetto della memoria del loro congiunto e anche nell'interesse della società tutta.


Avv. Fabio Repici

 




La Corte nega nuove indagini e deposizioni i figli di Bruno Caccia disertano il processo


MILANO. Non c'era in aula neppure uno dei tre figli di Bruno Caccia, ieri mattina, a Milano. Dopo che per molte udienze hanno partecipato attenti, appassionati. All'inizio anche con i figli, quelli i nipoti del procuratore capo di Torino ucciso il 26 giugno 1983. All'inizio si sono costituiti parte civile anche loro nel processo contro Rocco Schirripa, accusato di aver premuto il grilletto quella domenica sera in via Sommacampagna. Ieri mattina, però, davanti alla Corte d'Assise non c'era più nessuno. L'ultima udienza prima della requisitoria del pm era deserta. Ed è così, davanti ai soli avvocati e al pubblico ministero Marcello Tatangelo, che i giudici hanno messo per sempre la parola "fine" alle speranze della famiglia del procuratore: mai in quell'aula si percorreranno strade diverse, mai si indagherà sulle piste alternative per quell'omicidio. Nessuno dei tre figli verrà ascoltato come testimone, come aveva chiesto l'avvocato di parte civile, Fabio Repici. E neppure saranno sentiti i magistrati di allora, Marcello Maddalena, Francesco Marzachì, Francesco Saluzzo. «La loro audizione sarebbe di natura meramente esplorativa» ha detto il presidente della Corte, Elio Pacini Mannucci, respingendo, di fatto, tutte le richieste-chiave del legale della famiglia che, a chiusura di istruttoria, ha tentato un'ultima istanza per riaprire il processo a un'analisi più ampia. Ma l'ordinanza di ieri è solo la conferma di una linea ampiamente annunciata già nel primo dibattimento, quello annullato per un vizio di forma. E poi in apertura del secondo, identico, quando la lista testi della parte civile è stata falcidiata all'insegna dell'economia processuale: l'accusa di omicidio è nei confronti di Schirripa, e non c'è tempo né risulta opportuno aprire altre strade.

La famiglia Caccia, che da anni cerca risposte sull'omicidio, non si accontenta di questa impostazione. Ma anche questa volta ha visto il perimetro dell'inchiesta chiudersi inesorabilmente intorno alla figura del panettiere di piazza Campanella. Incastrato dalle intercettazioni ambientali sull'ipad di Domenico Belfiore (già condannato come mandante dell'omicidio Caccia) nell'estate del 2015, dopo che la squadra mobile di Torino aveva mandato a un gruppo di indiziati una lettera anonima con un vecchio ritaglio di giornale, come escamotage per riattivare conversazioni sul delitto.


O. Giu., La Repubblica, 20 aprile 2017







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