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Documenti - I mandanti occulti
Scritto da Giuseppe Lo Bianco - Sandra Rizza   
Venerdì 09 Gennaio 2009 15:20

(immagine elaborata da Dario Campolo)

Dopo il "botto" sull'autostrada di Capaci, nei 56 giorni che separarono l'attentato a Giovanni Falcone da quello a Paolo Borsellino, l'allora ministro dell'Interno Nicola Mancino sarebbe venuto a sapere che pezzi dello Stato avevano intavolato una "trattativa" con Cosa nostra ...
... per far cessare il terrorismo mafioso, in cambio di alcune concessioni legislative: prima fra tutte la revisione del maxiprocesso.
Sarebbe stato uno dei protagonisti di quel negoziato, Vito Ciancimino, a chiedere alcune "garanzie istituzionali", tra cui quella che Mancino fosse informato.
E avrebbe ottenuto, attraverso canali tuttora al vaglio dei magistrati, che l'informazione giungesse al destinatario. È uno dei passaggi più delicati delle nuove rivelazioni fatte nei giorni scorsi ai pm di Palermo da Massimo Ciancimino, il figlio prediletto di Vito, l'ex sindaco mafioso del capoluogo siciliano che fu per decenni la longa manus del boss Bernardo Provenzano nel cuore della Dc.
I nuovi verbali, trasmessi subito a Caltanissetta, sono già sul tavolo del procuratore Sergio Lari, che coordina l'ultimo fascicolo rimasto aperto sui mandanti esterni della strage di via D'Amelio e contengono rivelazioni che potrebbero imprimere una svolta alle indagini sull'eliminazione di Borsellino, la pagina più inquietante della sfida mafiosa sferrata contro le istituzioni all'inizio degli anni Novanta. Gli stessi verbali sono confluiti nella nuova indagine della procura di Palermo sui "sistemi criminali" in azione in Italia durante la stagione delle stragi. E non è escluso che Nicola Mancino, oggi vicepresidente del Csm, venga chiamato dalle due procure siciliane nelle prossime settimane per fornire la sua versione dei fatti.
Massimo Ciancimino, l'unico dei quattro figli di don Vito a vivere con lui fino alla fine dei suoi giorni, è un personaggio assai controverso: condannato a cinque anni e otto mesi per riciclaggio del tesoro accumulato dal padre in quarant'anni di attività politico-amministrativa, imprenditore di una miriade di società grandi e piccole, è noto a Palermo per le sue abitudini da bon vivant, tra auto di lusso, yacht miliardari e vacanze esclusive. Da qualche mese, il figlio dell'ex sindaco 'collabora' con gli inquirenti e nelle ultime settimane ha ricostruito nei dettagli con i magistrati di Palermo le fasi cruciali del negoziato che gli uomini del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, a cavallo tra le due stragi del '92, avviarono con don Vito per chiedere al boss Totò Riina di fermare l'attacco allo Stato. "Mio padre", ha detto Ciancimino, "era molto prudente, comprendeva tutti i rischi della situazione, e voleva essere sicuro che ci fosse una copertura istituzionale al negoziato.
Voleva accertarsi che gli uomini del Ros avessero concretamente l'approvazione delle istituzioni".
È questa una circostanza che Mori e De Donno hanno sempre negato, sostenendo di essere andati da Ciancimino in assoluta autonomia, spinti solo dalla necessità di stringere il cerchio attorno a Riina. Ma Ciancimino jr la racconta in un modo diverso, sostenendo davanti ai pm di Palermo di aver visto con i suoi occhi il famoso "papello", il foglio con le richieste che Cosa nostra presentò allo Stato in cambio di uno stop alla stagione delle stragi. "Il medico personale di Riina, Antonino Cinà", ha raccontato, "era il collegamento diretto.
Tutte le volte che mio padre ha iniziato la trattativa, l'ho visto spesso a casa mia". Ma a portare il "papello", secondo il giovane imprenditore, sarebbe stata un'altra persona, un "signore distinto", che avrebbe consegnato materialmente la busta con le rivendicazioni di Cosa nostra. "Mio padre lo conosceva", ha aggiunto Massimo Ciancimino, "lo aveva incontrato varie volte a Roma. Non so perché la busta gli venne consegnata a Palermo". Quel "signore distinto" il figlio di don Vito non lo conosce, non sa chi sia. I pm di Palermo gli hanno sottoposto una serie di fotografie, ma l'esito degli accertamenti è ancora top secret.
È a questo punto della trattativa che l'ex sindaco di Palermo, secondo il figlio, avrebbe chiesto una "garanzia" istituzionale per procedere nel negoziato con lo Stato. Chiedendo di informare il ministro Mancino degli incontri avviati tra Roma e Palermo con gli uomini del Ros. Secondo Ciancimino jr, quella richiesta sarebbe stata esaudita. Il padre avrebbe avuto la conferma che Mancino era stato informato.
Dopo questa rivelazione, l'attenzione investigativa si è concentrata sull'incontro del 1 luglio 1992, il giorno in cui Paolo Borsellino venne convocato al Viminale durante la cerimonia di insediamento di Mancino, che subentrò a Vincenzo Scotti alla guida del ministero degli Interni. I pm hanno acquisito l'interrogatorio reso da Mancino ai magistrati di Caltanissetta nel '98: "Non ho precisa memoria di tale circostanza, anche se non posso escluderla", ha detto Mancino ai pm, "era il giorno del mio insediamento, mi vennero presentati numerosi funzionari e direttori generali. Non escludo che tra le persone che possono essermi state presentate ci fosse anche il dottor Borsellino. Con lui però non ho avuto alcuno specifico colloquio e perciò non posso ricordare in modo sicuro la circostanza".
Un incontro che, invece, ricorda l'avvocato generale di Palermo Vittorio Aliquò che quel giorno accompagnò Borsellino sulla soglia della stanza del neo-ministro. Ricorda di averlo visto entrare, di averlo visto uscire poco dopo, e di essere entrato a sua volta, ma da solo.
Perché questo incontro è importante per le indagini? Perché, ipotizzano i magistrati, se è vero che Mancino fu avvertito della trattativa in corso, anche Borsellino, erede di Falcone, in quel momento uomo-simbolo della lotta alla mafia in Italia, e candidato in pectore alla Superprocura, potrebbe esserne stato a sua volta informato quel giorno al Viminale. E se davvero Borsellino avesse saputo che lo Stato era sceso a patti con Cosa nostra, è la tesi investigativa, la sua posizione di netta contrapposizione o di presa di distanza potrebbe averne determinato la morte. È certo, sottolineano in procura, che ad un certo punto la trattativa si arenò, le richieste di Cosa nostra vennero giudicate inaccettabili, e Riina decise di provocare un nuovo "botto" per riavviare i contatti istituzionali. E le sentenze di due processi, quello per la strage di Firenze e il Borsellino-bis concluso a Caltanissetta, acquisite a Palermo agli atti della nuova inchiesta, hanno sostenuto che fu proprio la trattativa interrotta a provocare una ripresa della stagione delle stragi.
"Dopo la morte di Borsellino, mio padre si sentiva in colpa", ha rivelato Massimo Ciancimino. "Mi confidò le sue riflessioni su tutta questa storia: disse che avviare la trattativa era già stata una prova di debolezza da parte dello Stato, ma che fermarla aveva avuto un effetto disastroso".
Fin qui le rivelazioni del figlio di don Vito, che nei giorni scorsi a Palermo è rimasto vittima di un'intimidazione che lo ha costretto ad anticipare la partenza per la città del nord Italia dove vive attualmente con la famiglia.
Chiarezza sugli incontri di quel primo luglio al Viminale hanno sempre reclamato i fratelli di Paolo Borsellino, Rita e Salvatore. "Chiedo soprattutto al senatore Nicola Mancino del quale ricordo, negli anni immediatamente successivi al '92, una sua lacrima spremuta a forza durante una commemorazione di Paolo a Palermo", ha scritto Salvatore Borsellino in una lettera aperta nel luglio del 2007, "lacrima che mi fece indignare al punto da alzarmi e abbandonare la sala, di sforzare la memoria per raccontarci di cosa si parlò nell'incontro con Paolo".


da espresso.repubblica.it

Comments:

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salvatore   |2009-01-09 16:34:29
Un altro "lampo nel buio".
La verità che continuo a gridare dovunque,
dove posso, per tutta l'Italia, comincia ad emergere sempre più chiara.
Se
avesse un minimo di dignità Mancino dovrebbe immediatamente dimettersi dal CSM.
gia70  - Mancino dimettiti...!   |2009-01-09 17:10:30
Dimettersi non basta, o meglio, dovrebbe essere solo l'inizio di una storia
ancora tutta da scrivere....!
Posso affermare, per motivi personali, che il
personaggio in questione e' inviso a molti, moltissimi, magistrati. Viene
considerato da molti, un signore della Prima Repubblica che ha esercitato il
potere.
Viene considerata una persona, ancor prima che un politico, molto
ambigua.
Io quando lo vedo in Tv, cambio canale : mi trasmette un senso di
rabbia ed impotenza.
P.S. Voglio proprio vedere se, chiamato in Procura,
continuera' a dire di non ricordare niente...
valexina   |2009-01-09 18:06:12
Io sono fiduciosa, penso che per quanto si possa cercare di
occultare,nascondere, la verità verrà a galla,dovrà venire a galla.Mi auguro
con tutto il cuore che queste persone possano pagare amaramente per tutto il
male che hanno fatto, anche se una vita intera non sarebbe loro sufficiente per
far ciò. Solo allora si potrà parlare di Giustizia, si potrà reinstaurarla
poichè oggi in Italia la giustizia non esiste.A conferma di ciò il fatto che
al capo del CSM ci sia una coscienza (ammesso che ce l'abbia)così sporca come
quella di Mancino.
Mi rendo conto che i perchè del 19 luglio 1992 sono stati
ben celati. Tra le persone che mi circondano quelli che hanno cercato di sapere
sono veramente pochi.In questi casi devi esser tu che devi trovare il modo di
informarti,perchè televisioni e la maggior parte della stampa mai faranno in
modo che tutta la popolozione sappia.
La maggior parte della gente comune pensa
che sia stato Riina a decidere la strage perchè Giovanni e Paolo "ne
avevano arrestati troppi".
Credo che occorrà informare la gente,sono
ancora troppi quelli che non sanno...o forse non vogliono sapere...non so.
La
gente deve sapere,le persone che sanno non posson restare
inermi,indifferenti...
Questo è il mio pensiero...
Vento  - Dimissioni e non solo   |2009-01-09 18:13:49
Io credo che le responsabilità di Mancino siano penalmente rilevanti, quindi
dovrebbe non solo dimettersi, ma mettersi dietro le sbarre da lì incominciare a
parlare.
La bassa levatura morale e istituzionale, del personaggio Mancino è
emersa chiara e netta, anche nella vicenda De Magistris.
blackhole   |2009-01-09 18:15:33
Mancino in questo periodo ha parecchi grattacapi...
zeitblom  - re:   |2009-01-09 20:49:36
Mancino in questo periodo ha parecchi grattacapi...
mai
abbastanza..

leggete tra l' altro quello che è emerso al processo mori
obinu , in cui il colonello riccio ha detto che Mori (protagonista
della trattativa) chiese a Riccio di NON parlare di dell utri
''Dell'Utri
tolto dal rapporto''


9 gennaio 2009
Palermo. "Il
generale Mario Mori mi disse di non inserire nel rapporto 'Grande Oriente'
i nomi di tutti i politici citati dal confidente Luigi Ilardo. Tra
questi c'era anche Marcello Dell'Utri: una persona importante, molto vicina
ai nostri ambienti.

Io allora ritenni l'inserimento del suo nome
un pericolo. Se lo metto, pensai, succede il finimondo". Lo ha detto
oggi, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, il
colonnello dell'Arma Michele Riccio, che ha concluso la
sua deposizione nel processo per favoreggiamento aggravato a carico
del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu. Riccio, sentito
come testimone assistito, ha specificato che Dell'Utri faceva parte
dell' "area di riferimento nostra, dell'Arma", area di cui avrebbe
fatto parte pure Silvio Berlusconi, e per chiarire il concetto ha
sostenuto che entrambi "erano di casa nostra"

scusa salvatore se
lo posto qua
massimiliano
maxhki  - Processo Mori-Obinu: ''Dell'Utri tolto dal rapport   |2009-01-09 21:27:10
Ecco pure il resto dell'articolo citato da zeitblom qui sopra

Al presidente della IV sezione del Tribunale, Mario Fontana, che gli ha
chiesto di essere più chiaro, il colonnello ha risposto citando
le parole che gli avrebbe detto Mori: "Le 'guerre', loro
(Berlusconi e Dell'Utri, ndr) le fanno per noi. Portate più pentiti e
vedrete che i pentiti cadranno". Il senso sarebbe
stato "combattere i pentiti" per agevolare Giulio Andreotti,
sottoposto a un processo per mafia, lo scopo ultimo aiutare tutti gli
altri imputati dello stesso reato, come Dell'Utri.

La notizia per
intero la riporta antimafia 2000:
link:http://www.antimafiaduemila.com/content/view /12080/48/
zeitblom   |2009-01-09 21:57:05
io non riesco a capacitarmi di come uno, dico uno, un angolo di un piccolo
notiziario non riporti queste notizie, non dico QUESTA ma tutto quello che è
legato a questa
Shiloh   |2009-01-09 23:20:04
Sarà una piccola cosa ma è già qualcosa:

Caso De Magistris, Apicella
ricusa sezione disciplinare Csm

La7.it news

Il magistrato salernitano ha
inoltrato la richiesta nei confronti del Consiglio Superiore della Magistratura
che domani decide sul trasferimento

Luciana
gia70  - E se le cose fossero andate in questo modo...   |2009-01-10 00:22:24
Questo articolo non e' mio, ma dell'avvocato Michele Imperio.
E' stato scritto
il 5 dicembre 2008 ed e' visbile....su internet.
Mi limito a riproporlo e a
lasciare ad ognuno di voi di fare le proprie considerazioni...comunque la
pensiate.
Buona lettura
L’interrogatorio ebbe inizio alle ore 15.00 ma alle
ore 17.40 veniva sospeso per esigenze di servizio. Il dott. Borsellino era stato
convocato d’urgenza al Ministero degli Interni dal Ministro dell’epoca sen.
Nicola Mancino. Una volta giunto al Viminale il Ministro gli faceva intendere
che anche lui aveva ascoltato l’interrogatorio e lo pregava di estrapolare dal
verbale quella parte di deposizione che riguardava il dott. Domenico Signorino,
il magistrato palermitano accusato dal Mutolo di collusioni con il boss
Riccobono e che a seguito di tali accusae si suicidò.
Sapere che cosa
realmente avvenne in quella riunione sarebbe decisivo ai fini della comprensione
di tutti i fatti. Il pentito Mutolo dice di aver sentito dire a Borsellino
quando tornò (Borsellino si trovava lì insieme al Procuratore Aggiunto di
Palermo dott. Aliquò, che a quella riunione c’erano anche il capo della
Polizia Vincenzo Parisi e il dirigente del SISDE Bruno Contrada. Osservo: Tranne
Nicola Mancino Sinistra Democristiana), oggi diventato addirittura
Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, dopo che già in
passato aveva ricoperto tale carica Virginio Rognoni (sempre – guarda caso –
appartenente alla Sinistra Democristiana), i partecipanti di quella riunione
hanno fatto tutti una brutta fine. Vincenzo Parisi morirà pochi giorni dopo di
morte misteriosa. Bruno Contranda è finito come è finito. Borsellino sarà
ucciso e sulla sua agenda-diario – secondo taluni – c’era proprio il
resoconto o la ricerca di contatti con il Capo della Polizia Vincnezo Parisi. Ci
fu per caso una violenta discussione fra i quattro e alla fine Nicola Mancino fu
messo in minoranza e quindi si decise di non estrapolare la parte di deposizione
di Gaspare Mutolo che riguardava la posizione del dott. Domenico Signorino?

Nella migliore delle ipotesi la conversazione può essere andata così:
Sen.
Mancino: Dott. Borsellino lei deve estrapolare quei passaggi della deposizione
del Mutolo che riguardano il dott. Signorino, che, come lei sa, era collegato
col Sisde.
Dott. Borsellino: Senatore, a che pro questo? Se quelli ci hanno
dichiarato guerra e hanno ucciso Giovanni in quella maniera, non capisco
proprio...?
Dott. Parisi.: E’ giusto Senatore. Anch’io la penso così.

Sen Mancino: Va bene, ma se noi adesso sputtaniamo Signorino, quelli li ci
daranno addosso ancora di più.
Dott. Borsellino: E allora! Quelli hanno
dimostrato di essere dei criminali efferratissimi. Hanno ucciso Giovanni in quel
modo. Ma si rende conto!
Sen. Mancino: Si dottore io mi rendo conto. Ma lei si
renda conto della forza di quella gente. Se noi sputtaniamo Signorino andiamo
allo scontro muro contro muro. Dove andiamo a finire?
Dott. Borsellino: Dove
finiremo, finiremo. Lei sen. Mancino sta dicendo che quelli fanno un attentato
di quel genere e noi che dobbiamo fare? Dobbiamo calarci le braghe! Loro ci
hanno dichiarato guerra! E che guerra sia! Io non ci sto! Succeda quel che
succeda!
Quali contenuti ha avuto quella conversazione? Non ce lo deve dire il
senatore Mancino....? Non deve lui dissipare i dubbi che lo fanno apparire come
uno dei mandanti occulti della strage? Alle ore 19.15 l’interrogatario
riprende. Riferisce il pentito Gaspare Mutolo che Borsellino era tornato da
quell’incontro dopo qualche ora “preoccupato” “arrabbiato” e
“stizzito”, al punto – dirà testualmente Mutolo – che il giudice fumava
nervosamente due sigarette contemporaneamente.
La mattina del 18 luglio 1992
Borsellino entra nella stanza del Procuratore Capo di Palermo Pietro Giammanco,
anch’essa certamente contaminata da cimici. Pietro, adesso ho capito
tutto....! ” – disse – prima di entrare nella sua stanza e spiegargli
tutto ciò che aveva capito. Forse però lo spiegò anche a chi lo captava
attraverso le cimici e quindi al senatore Nicola Mancino.
Anche di questo
colloquoio bisognerebbe sapere perché la sera stessa il SISDE sollecita Cosa
Nostra a eseguire l’attentato. Cosa Nostra è restia ma il Sisde (o Nicola
Mancino?) insiste. Il giorno dopo scatta il mortale agguato, nel quale è
coinvolto il colonnello Arcangioli, che risponde di quello che fa al ministro
degli interni Mancino
Buona notte...!
valexina   |2009-01-10 00:50:07
Lo stesso procuratore Giammanco non era poi così pulito ed incorrotto
Penso
che se così fosse stato, il primo ad esser preoccupato da quanto scoperto da
Paolo sia stato proprio lui.Ma sinceramente non penso che Paolo abbia detto
molto a Giammanco,o magari potrebbe avergli espresso tutto il suo sdegno.Credo
avesse già capito chi realmente fosse Giammanco,per fidarsi di lui; con o senza
cimici avrebbe provveduto lo stesso Giammanco a riferire " a chi di
dovere"
Potrei anche sbagliarmi,ma questo è quello che penso

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