Vaccarino denunciato da Salvatore Borsellino Stampa
Scritto da Enzo Guidotto   
Martedì 29 Luglio 2008 21:01
 
MAFIA: SALVATORE BORSELLINO QUERELA EX SINDACO CASTELVETRANO
 
   (ANSA) - TRAPANI,26 LUG - Salvatore Borsellino, fratello del
giudice Paolo, in un'intervista rilasciata al periodico
trapanese «L'Isola», annuncia di aver querelato l'ex sindaco
di Castelvetrano Tonino Vaccarino, in passato inquisito per
mafia, per alcuni giudizi espressi nei confronti del magistrato
assassinato il 19 luglio del '92.
   «Ha affibbiato a mio fratello attitudini ad anomalie
procedurali che non gli erano proprie e ha condito il suo
racconto con fatti del tutto inventati e ragionevolmente
utilizzati solo per lanciare sibillini messaggi» dice Salvatore
Borsellino nell'intervista, riferendosi a dichiarazioni rese
alla stampa dall'ex sindaco.
  «Secondo quanto sostiene Vaccarino, mio fratello - spiega
Borsellino nell'intervista - anzichè muoversi secondo le
prescrizioni del codice di rito, avrebbe informalmente e
surrettiziamente fatto da consulente della difesa, peraltro di
una persona che egli stesso si era adoperato a far arrestare
(Vaccarino). Peggio ancora sarebbe, peraltro, se i
consigli sotto banco alla difesa dell'indagato si riferissero a
un procedimento del quale Paolo Borsellino non fosse stato
titolare». (ANSA).
 
     COM-NU
26-LUG-08 19:07 NNN

VACCARINO DENUNCIATO DA SALVATORE BORSELLINO
“Ha affibbiato a mio fratello attitudini ad anomalie procedurali
che non gli erano proprie ed ha condito il suo racconto
con fatti del tutto inventati e ragionevolmente
utilizzati solo per lanciare sibillini messaggi”
+ + + + + +
Intervista pubblicata su
“L’ISOLA” e “L’ALCAMESE”
Quindicinali in edicola da oggi in provincia di Trapani
 
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PREMESSA
 
Salvatore Borsellino, che ha denunciato per calunnia Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano e pregiudicato per traffico di droga, per alcune delle dichiarazioni fatte alla rivista “S”, spiega i motivi della sua iniziativa in un’intervista a Enzo Guidotto per i quindicinali L’ISOLA e L’ALCAMESE, in edicola da oggi in provincia di Trapani.
Per una migliore comprensione del contesto nel quale la vicenda si è sviluppata, riteniamo opportuno far precedere l’intervista da una esauriente premessa
 
* * * * * *
 
 “S”, il magazine mensile del Giornale di Sicilia, pubblica  nell’ aprile scorso una copiosa corrispondenza fra Matteo Messina Denaro e “Svetonio”, un soggetto che per i lettori rimane misterioso fino a maggio.  
 «Un mese fa – scrive il direttore Claudio Reale nell’editoriale del numero di maggio – avevamo fatto una scelta. La scelta più difficile per chi fa il mestiere di giornalista: tacere un’informazione della quale si è in possesso. Lo abbiamo fatto per senso di responsabilità di fronte all’incolumità di chi ha scelto di collaborare con la giustizia. In questo numero, di fronte alla richiesta esplicita del diretto interessato, quel nome lo facciamo».
 «Nei fogli scritti a macchina da Binu Provenzano spuntava la sigla “Vac”» rileva Riccardo Lo Verso in un lungo servizio. «Oggi – precisa – quella sigla “Vac”, così come “Svetonio”, hanno un nome e un cognome: Antonino Vaccarino» già docente di filosofia e pedagogia ed ex sindaco di Castelvetrano (Trapani) fatto arrestare per associazione mafiosa nel maggio del 1992 da Paolo Borsellino: nel suo passato «c’è una condanna, già scontata per traffico di droga. Così come ha scontato cinque anni di galera al 41 bis, il regime voluto per isolare i boss dal mondo esterno. Nei suoi confronti è rimasta in piedi l’accusa di droga, mentre è caduta quella di essere organico a Cosa Nostra. In particolare, un pentito [Vincenzo Calcara, nda] lo tirava in ballo come il capomafia di Castelvetrano [Trapani, nda]. Dopo l’assoluzione i ruoli si sono invertiti. Sul banco degli imputati è finito il collaboratore di giustizia, imputato di calunnia. In attesa di questa sentenza, è stata archiviata un’altra recente inchiesta nei confronti di Vaccarino, sempre per mafia. Il suo nome, o meglio una sigla che a lui riconduceva, compariva nei pizzini di Bernardo Provenzano. Dalle pagine di quell’archiviazione – “non sono stati trovati riscontri della sua partecipazione al sodalizio mafioso” – è venuta fuori la conferma del suo arruolamento nei servizi segreti».
 «Nel 2001 – spiega lo stesso Vaccarino  nella lunga intervista che segue – Svetonio inizia la collaborazione con i servizi segreti». Scusi – chiede il giornalista – perché parla di Svetonio in terza persona?. «Perché Svetonio rappresenta i servizi segreti». Io «parlo con voi perché siete stati l’unico organo di stampa a salvaguardare la mia identità. Siete stati corretti. Ho deciso di parlare».
 Ai lettori, la trattazione dell’argomento dà l’impressione di un sensazionale scoop giornalistico, peraltro ingigantito dalla pubblicazione di ben 9 foto dell’intervistato, due delle quali a piena pagina, compresa quella della copertina. Ma il vero colpo di scena non è questo: che “Svetonio” fosse proprio Vaccarino e che Vaccarino avesse avuto contatti o rapporti con il servizio segreto civile era emerso chiaramente sulla stampa sia locale – compreso il Giornale di Sicilia, di cui “S” è diretta emanazione – che nazionale già nel settembre dell’anno scorso. Qualche esempio: «Vaccarino sarebbe stato usato dal Sisde per cercare di scovare Messina Denaro, operazione che però non funzionò» (Rino Giacalone, La Sicilia, 24.9.2007); «Secondo una ricostruzione investigativa, Vaccarino sarebbe stato un collaboratore dei Servizi segreti e avrebbe cercato di “agganciare” Messina Denaro allo scopo di farlo catturare» (Gianfranco Criscenti, Giornale di Sicilia, 25.9.2007); «E’ un inquisito per mafia, condannato per traffico di stupefacenti, di cui il boss si fidava: lo riteneva un amico che “si metteva a disposizione”. E invece Antonino Vaccarino, ex sindaco della cittadina dove venne assassinato Salvatore Giuliano, nel frattempo era stato arruolato dal io segreto civile ed impiegato come esca, nel tentativo di attirare il boss e catturarlo» (Francesco La Licata, «L’ultimo boss: “Io, Pennac e Toni Negri” - Il carteggio segreto tra l’erede di don Binnu e il politico arruolato dai servizi per catturarlo», 23/9/2007, La Stampa).
 Qual è, allora, il vero colpo di scena? Da otto mesi si sapeva già che Vaccarino aveva avuto dal Sisde l’incarico di “aggangiare” Matteo Messina Denaro per farlo scovare e catturare. La vera novità che emerge in maggio da “S” riguarda quindi il ruolo che Vaccarino si attribuisce  dichiarando in modo inequivocabile che l’obiettivo non era quello di farlo arrestare ma di «convincerlo, persuaderlo a costituirsi» e fornendo sulle fasi della vicenda, ovviamente, quella che è – e rimane - la sua versione dei fatti: «Svetonio rappresenta i servizi segreti. Parte un’attività fatta di contatti che porteranno solo due anni dopo alla corrispondenza con Matteo Messina Denaro [che si interrompe il 28 giugno 2006, nda]. Messina Denaro si fida di lui perché vede in Svetonio la possibilità di farsi conoscere come una persona diversa da quella finora descritta. E’ l’unica strada per far conoscere il vero Matteo Messina Denaro. Se, come lui dice [nelle lettere,nda] è stato perseguitato ingiustamente, solo consegnandosi potrebbe dimostrare che le accuse nei suoi confronti sono false. Potrà dimostrare di non essere lo stragista, aiutando lo Stato a individuare quanti hanno sconquassato l’Italia».
 Fin qui Vaccarino riferisce ciò che ha saputo da Matteo Messina Denaro. Quando però Lo Verso gli chiede «Chi c’era dietro di lui?» sembra passare a conoscenze personali, presumibilmente frutto di chi può attingere notizie che circolano in un certo giro. «Non c’è un grande vecchio, un suggeritore. Il centro motore è costituito da quella gran massa che si serve della struttura mafiosa per raggiungere obiettivi abietti. C’era un piano. Bisognava porre al riparo quelli che stavano organizzando le stragi del 92, addebitandole ad altri disgraziati che non c’entravano nulla». 
 Una versione, questa, che fino a un certo punto collima con la tesi sull’esistenza di precise “entità” all’interno delle quali si annidano i “mandanti occulti” delle stragi del 1992: singoli o gruppi che formerebbero quel “sistema eversivo”, responsabile dei crimini e misfatti, costituito da politici complici e conniventi con boss mafiosi e terroristi, alti funzionari statali infedeli, burocrati collusi, soggetti deviati dei servizi segreti, esponenti senza scrupoli dell’alta finanza sporca, gruppi eversivi e logge massoniche più o meno coperte. Ma è lecito chiedersi:  Vaccarino - che si espone con queste dichiarazioni ad “S” senza riserva alcuna - ha fatto a chi di dovere nomi e cognomi degli esponenti della «gran massa» ?
 Il pentito Vincenzo Calcara, ad esempio, ha riferito all’Autorità Giudiziaria di aver saputo tante cose proprio attraverso le parole di Vaccarino nei tempi che furono. Secondo quanto ricorda, le “entità” sarebbero cinque: «Cosa Nostra, Ndrangheta, pezzi deviati delle Istituzioni, della massoneria e dello Stato del Vaticano». Ed in questo contesto ha precisato che «Antonino Vaccarino era ufficialmente Massone del Grande Oriente. E siccome aveva interesse che anch’io ne facessi parte mi ha preparato per l’iniziazione e doveva essere Lui il mio garante! Sono venuto a conoscenza del Rito Scozzese, della “Grande Luce”, della Regola, dei Gradi di Gran Segretario, Gran Maestro, 30° Grado, 32° Grado etc.. Mi ha insegnato come risconoscere un fratello e come salutarlo, quando gli stringi la mano o lo baci!». (Vedi in questo sito Lettere e memoriali di Vincenzo Calcara).
 Vaccarino sostiene però che nel progetto architettato per «porre al riparo quelli che stavano organizzando le stragi del 92, addebitandole ad altri disgraziati che non c’entravano nulla»,  «Calcara era uno che serviva per proteggere i veri colpevoli. Un cretino al quale qualcuno ha messo in bocca questi depistaggi». E per tentare di dimostrare la veridicità delle sue affermazioni chiede al giornalista: «Posso dirle una cosa?». «Certo!». E racconta: «Paolo Borsellino, il 15 luglio del 1992, pochi giorni prima della strage di via D’Amelio, venne ad interrogarmi. Quando appurò che io con la mafia non c’entravo nulla mi chiese, davanti a diversi avvocati, perché mai avevo raccomandato Calcara al giudice Carnevale per un processo in Cassazione. Gli dissi che non era vero, che lo avevo solo raccomandato per trovargli un lavoro pulito. Mi rispose che lo avrebbe appurato controllando i collegi della Cassazione. Il 17 luglio, l’avvocato Frino Restivo mi riferì che Borsellino gli aveva detto di presentare l’istanza di scarcerazione. Aveva scoperto che Carnevale non aveva trattato alcun processo che riguardava Calcara».
 E qua il discorso non quadra proprio, come spiega Salvatore Borsellino nell’intervista che segue.
 In conclusione, quali potrebbero essere state le motivazioni delle due puntate di “S”? Probabilmente quelle di creare prima (aprile 2008) un po’ di suspense con la pubblicazione della corrispondenza fra “Svetonio” ed “Alessio” per poi (maggio 2008) dare una mano a  Vaccarino consentendogli da un canto di poter buttare discredito su Calcara in vista del processo per calunnia nei suoi confronti e di avvalorare dall’altro la tesi secondo la quale la sua collaborazione con il Sisde mirava non a determinare l’arresto di Matteo Messina Denaro, ma a convincerlo a costituirsi spontaneamente. E’ ovvio che quest’ultima può fare da scudo a una possibile vendetta del boss. E’ pure vero però che sono passati ormai dieci mesi dalla scoperta dell’inghippo e Vaccarino non ha mai avuto né scorta né tutela. «Sono io che non voglio protezione. Non ne ho bisogno» ha dichiarato a Lo Verso. Il che lascia inalterati i misteri, le perplessità e i dubbi che il personaggio ha sempre suscitato.
                                                                                                   19 LUGLIO 1992
 
 
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VACCARINO DENUNCIATO DA SALVATORE BORSELLINO
“Ha affibbiato a mio fratello attitudini ad anomalie procedurali
che non gli erano proprie ed ha condito il suo racconto
con fatti del tutto inventati e ragionevolmente
utilizzati solo per lanciare sibillini messaggi”
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Pubblicato su “L’ISOLA” e “L’ALCAMESE” di Trapani
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L’intervista rilasciata in maggio da Antonino Vaccarino ad “S”, il magazine del Giornale di Sicilia, rischia di rivelarsi un autentico boomerang.
L’ipotesi, che interrompe l’assordante silenzio seguito alle sue “rivelazioni”, si basa su atti da alcuni giorni al vaglio della Procura di Palermo che potrebbero veder fallire l’ennesimo tentativo dell’ex sindaco di Castelvetrano di rendere meno discutibile il suo rientro in politica portando sulle spalle il peso della scontata condanna per traffico internazionale di stupefacenti.
A presentarli è stato Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, residente a Milano: in occasione della partecipazione alle manifestazioni organizzate a Palermo nella ricorrenza del sedicesimo anniversario della “Strage di Via D’Amelio” ha avuto modo di leggere la rivista ed altre cronache siciliane ed è rimasto molto sorpreso del fatto che “Svetonio” si sia rifiutato di rilasciare dichiarazioni registrate a Teresa Ilardo di questo giornale per chiarire, integrare ed approfondire quanto già aveva reso di pubblico dominio.
Conoscendoci da tempo, il 19 luglio ci siamo sentiti per telefono e quando è tornato al Nord sono andato a trovarlo per uso scambio di idee sulla vicenda.

Come spieghi – gli ho chiesto - la scelta di Vaccarino di vuotare il sacco soltanto con “S”?

«Per la verità mi ha colpito pure il suo linguaggio. Generalmente chi non ha niente da temere parla con tutti; chi invece preferisce il “dico e non dico” o il “dico a lui ma non dico a te” dimostra di avere “carbuni vagnàtu”, come si dice dalle nostre parti. Non ti pare? In tutti i casi nell’insieme delle affermazioni pubblicate su “S”, Vaccarino ha offeso la memoria di mio fratello: gli ha affibbiato attitudini ad anomalie procedurali che non gli erano proprie ed ha condito il suo racconto con fatti del tutto inventati e ragionevolmente da lui utilizzati solo per lanciare sibillini messaggi a destinatari ignoti. Basta riflettere su quella battuta che costituisce quasi l’incipit: “Scusi, perché parla di Svetonio in terza persona? Perché Svetonio non è Antonino Vaccarino, rappresenta i servizi segreti”».

Secondo varie fonti ha effettivamente collaborato con il Sisde, il servizio segreto civile, anche se lui, usando il plurale, sembra darsi l’aria di un superbo e “riservato” rappresentante di tutte le agenzie di “intelligence” possibili e immaginabili. Ma tu come vedi questo rapporto col Sisde?

«Mah! Penso solo che sarebbe impossibile togliere un corposissimo alone di opacità ad un personaggio che si è qualificato come collaboratore dei servizi di sicurezza - ed evidentemente è riuscito a diventarlo - pur essendo pregiudicato per un traffico di stupefacenti rientrante nell’orbita della famiglia mafiosa di Castelvetrano e pur essendo comunque stato (solo in passato?), come ha confermato nell’intervista, persona molto vicina ai boss Francesco e Matteo Messina Denaro, dei quali durante l’intervista è arrivato a tessere le lodi. E sorvolando pure sul fatto – a dire il vero piuttosto allarmante – che un collaboratore, a qualunque titolo, del Sisde abbia avuto contatti, durante tale suo legame con un servizio di sicurezza, non solo con Matteo Messina Denaro ma anche con l’allora latitante Bernardo Provenzano, come dovrebbe dedursi dal fatto che nel covo in cui il boss corleonese è stato catturato sono stati trovati numerosissimi pizzini che a Vaccarino, mediante un’apposita sigla, facevano riferimento».
Non a caso, su queste colonne, Teresa Ilardo lo ha definito «uno dei personaggi più emblematici della società castelvetranese». E’ noto che nella zona succedono cose che sembrano incredibili. Una volta fu scarcerato un capomafia e in una casa di campagna dei dintorni ci fu un assembramento di circa 500 auto: parenti, amici e conoscenti si erano precipitati in fretta per congratularsi e riconoscere la superiorità di un boss che durante la galera era sempre rimasto zitto: non aveva collaborato con la giustizia e quindi era ritenuto meritevole di stima e di considerazione. Lo stesso atteggiamento di ... “benevolenza” è presente in larghe fasce della popolazione nei confronti di Matteo Messina Denaro: lo hanno dimostrato alcune intercettazioni riguardanti conversazioni anche fra persone che hanno un certo ruolo nella società: insegnanti ad esempio, quindi educatori. E Vaccarino era docente di filosofia e pedagogia. La situazione di Castelvetrano si inquadra però in un contesto più ampio perchè è risaputo che  nel Trapanese la mafia  continua a  riscuotere tra l'opinione pubblica consensi che «non di rado, si sono concretizzati in comportamenti che hanno assunto contorni di vera e propria connivenza, determinata dalla condivisione dei modelli di vita proposti dall'organizzazione», per cui per tanti «l'adoperarsi in favore di organizzazioni mafiose, o di esponenti di essi, viene avvertito come comportamento dovuto». Questa constatazione si trova nella relazione ufficiale della Direzione Nazionale Antimafia di qualche anno fa.

Ma quali sono i punti dell’intervista che hanno urtato maggiormente la tua suscettibilità?

«Quelli centrali: dopo aver aver affermato che il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara sarebbe stato “un cretino al quale qualcuno ha messo in bocca questi depistaggi” e che “Calcara è uno al quale qualcuno diceva cosa raccontare”, Vaccarino così si è testualmente espresso: “Paolo Borsellino, il 15 luglio del 1992, pochi giorni prima della strage di via D’Amelio, venne ad interrogarmi. Quando appurò che io con la mafia non c’entravo nulla mi chiese, davanti a diversi avvocati, perché mai avevo raccomandato Calcara al giudice Carnevale per un processo in Cassazione. Gli dissi che non era vero, che lo avevo solo raccomandato per trovargli un lavoro pulito. Mi rispose che lo avrebbe appurato controllando i collegi della Cassazione. Il 17 luglio, l’avvocato Frino Restivo mi riferì che Borsellino gli aveva detto di presentare l’istanza di scarcerazione. Aveva scoperto che Carnevale non aveva trattato alcun processo che riguardava Calcara”».

Qualsiasi persona di buon senso direbbe che è facile per Vaccarino far parlare il magistrato morto e contare sulla testimonianza di in avvocato vivo con il quale, probabilmente, aveva concordato e programmato in precedenza una precisa strategia: denunciare Calcara per calunnia e far leva sulle asserite prese di posizione di Borsellino da raccontare alla stampa per migliorare la propria immagine. O no?

«Quando parlavo dell’attribuzione a mio fratello di attitudini e anomalie procedurali mi riferivo proprio a questo. Mi spiego: al di là del fatto che Paolo Borsellino fu il primo magistrato che raccolse a verbale le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara e che ne fece processualmente uso, cosicché egli si troverebbe ad essere stato, alternativamente, o il suggeritore dei depistaggi o - più probabilmente, in coerenza con le altre affermazioni - l’incauto e sprovveduto ricettore dei depistaggi, l’immagine che di Paolo Borsellino viene fuori dalle parole di Vaccarino è intollerabilmente squalificata».

Puoi fare ulteriori puntualizzazioni per far capire meglio ai lettori?

«Secondo quanto sostiene Vaccarino, mio fratello, in relazione ad attività d’indagine svolta, anziché muoversi secondo le prescrizioni del codice di rito, avrebbe informalmente e surrettiziamente fatto da consulente della difesa, peraltro di una persona che egli stesso si era adoperato a far arrestare. Peggio ancora sarebbe, peraltro, se i consigli sotto banco alla difesa dell’indagato si riferissero ad un procedimento del quale Paolo Borsellino non fosse stato titolare».

In effetti, le parole di “Svetonio” suonano così.

«Ma certamente! Con le espressioni che ho citato prima, Vaccarino ha fatto credere ai lettori di “S” che Paolo Borsellino, oltre ad aver fatto involontariamente da amplificatore degli asseriti depistaggi di Calcara, fosse un magistrato irrispettoso delle regole e aduso a concordare strategie difensive con gli avvocati al di fuori di ogni ritualità. Ma questo non è ancora tutto».

In che senso?

«Vaccarino sostiene che Paolo Borsellino ebbe ad interrogarlo il 15 luglio 1992. Se così fosse stato, dovrebbe esserci un verbale nel quale l’interrogatorio sarebbe stato documentato, con la conseguenza che, se in tale – ipotetico - verbale non ci fosse traccia della domanda evocata da Vaccarino (“Quando appurò che io con la mafia non c’entravo nulla mi chiese, davanti a diversi avvocati, perché mai avevo raccomandato Calcara al giudice Carnevale per un processo in Cassazione”), ne risulterebbe a carico di Paolo Borsellino pure l’accusa, non solo infamante ma anche calunniosa, di falsità per omissione nella redazione del verbale».

Una ipotesi paradossale! Ma come si può sostenere che da un momento all’altro un magistrato così scrupoloso abbia potuto agire in questo modo per cose così delicate?

«Sono le stesse parole di Vaccarino che delineano una cornice dei fatti abbastanza inverosimile. Non solo, infatti, è surreale l’affermazione secondo cui Paolo Borsellino mentre svolgeva l’interrogatorio si sia reso conto - e come? - che Vaccarino “con la mafia non c’entrava nulla” ma è anche significativo che Vaccarino indichi come presenti all’interrogatorio “diversi avvocati”,peraltro innominati, ma non anche ufficiali di polizia giudiziaria, altri ausiliari del pubblico ministero o colleghi di Paolo Borsellino. Né meno inverosimiglianza ha l’affermazione secondo cui, pressoché in diretta, Paolo Borsellino avrebbe verificato che il giudice Carnevale non si era mai occupato di Vincenzo Calcara : in tal caso ci sarebbe pure stata una delega d’indagine del magistrato alla polizia giudiziaria ed una informativa della polizia giudiziaria con cui tale delega sarebbe stata evasa».

Il che lascia ipotizzare che Vaccarino cerchi di attuare un piano, ma non conoscendo leggi e procedure, si dà una zappata sui piedi …

«Non solo, ma c’è dell’altro: esistono ulteriori plurimi elementi che depongono per l’inveridicità dei fatti raccontati da Vaccarino nell’intervista. Bisogna considerare infatti che il 15 luglio è la ricorrenza di Santa Rosalia, patrona di Palermo, ed è quindi giornata festiva in quella città. Già questo indurrebbe a credere inverosimile che Paolo Borsellino, al tempo procuratore aggiunto a Palermo, potesse avere fissato per quel giorno festivo l’interrogatorio di Vaccarino presso il carcere palermitano dell’Ucciardone - ove Vaccarino era al tempo detenuto, secondo quanto dallo stesso riferito nell’intervista - impegnando così anche i difensori di Vaccarino, ufficiali di polizia giudiziaria e ausiliari del pubblico ministero. Occorre pure rilevare il periodo eccezionalmente frenetico della vita di Paolo Borsellino nel quale si sarebbero verificati i fatti raccontati da Vaccarino. Anche da questo deriva l’inverosimiglianza del contenuto dell’intervista».

E’ risaputo che Paolo scriveva tutto nella famosa agenda rossa, che però è misteriosamente scomparsa. Come si può dimostrare quello che dici?

«Mio fratello usava anche un’altra agenda, con la copertina grigia, nella quale annotava quotidianamente i propri impegni e dalla quale risulta che il 15 luglio 1992 si recò sia di mattina che nel pomeriggio negli uffici della procura della Repubblica, dove si intrattenne sicuramente con il dottor Antonio Ingroia, magistrato a lui, anche umanamente, particolarmente vicino. Dalla stessa agenda, peraltro, risulta che il 16 luglio 1992 Paolo Borsellino per l’intera giornata fu impegnato a Roma, dove interrogò presso i locali uffici della DIA il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, attività che lo trattenne nella capitale fino al primo pomeriggio di venerdì 17 luglio 1992. In quel pomeriggio, dopo aver fatto ritorno da Roma a Palermo in aereo, Paolo Borsellino si recò presso il proprio ufficio al palazzo di giustizia per custodire in cassaforte i verbali delle dichiarazioni rilasciategli da Gaspare Mutolo e salutare i propri colleghi».
 «Stando così le cose, non si capisce quando e in che modo Paolo Borsellino potesse avere avuto, dopo il presunto interrogatorio di Vaccarino che sarebbe stato espletato il 15 luglio, un contatto con l’avv. Frino Restivo, il quale addirittura già il 17 luglio avrebbe riferito a Vaccarino l’anomala sollecitazione rivoltagli da Paolo Borsellino e finalizzata alla scarcerazione dell’ex sindaco di Castelvetrano».

Per questo hai ritenuto opportuno presentare un esposto alla magistratura ?

«Non un semplice esposto: contro Vaccarino ho proposto formale querela, chiedendone la punizione per il delitto di diffamazione aggravata in danno di mio fratello Paolo Borsellino ed ho nominato come legale Fabio Repici, l’avvocato del foro di Messina che ha dimostrato molta abilità, tra l’altro, nel far chiarezza sull’ omicidio di mafia di Graziella Campagna, mettendo a nudo anche le inadempienze e le connivenze verificatesi in ambiti istituzionali».
 
                                                                                                      Enzo Guidotto
          
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Agenda.14Luglio.jpg[Pagina agenda del 14 Luglio 1992]29/07/2008 22:40
Agenda.15Luglio.jpg[Pagina agenda del 15 Luglio 1992]29/07/2008 22:41
Agenda,16Luglio.jpg[Pagina agenda del 16 Luglio 1992]29/07/2008 22:42
Agenda.17Luglio.jpg[Pagina agenda del 17 Luglio 1992]29/07/2008 22:43
Intervista.Antonio.Vaccarino.jpg[Intervista ad Antonio Vaccarino]29/07/2008 22:56
Querela.Vaccarino.doc[Querela contro Vaccarino]29/07/2008 22:37

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Benny  - Passiamo al contrattacco   |2008-07-29 23:40:31
Forza Salvatore, Forza! Basta subire e replicare. Ora dobbiamo passare noi
all'attacco e costringere questi ex traffichini della droga (questo è certo) di
riciclarsi e di tornare a far danni in politica. Dopo Vaccarino ci sarà
Contrada, e così via... amici frequetatori del sito, abbiamo bisogno di sapere
su quante persone possiamo contare, dalle istituzioni, anche quelle
"amiche" solo silenzio.
Dolly   |2008-07-30 10:30:17
potete contare su di me!
avanti così Salvatore!!!!!!!!!!!!!!
Goccia   |2008-07-31 13:02:35
Anche se non intervengo quasi mai io sono con voi anche se, in questo momento la
mia amarezza è grande e mi porta a fare valutazioni pessimistiche sulla
riuscita. Forse è il frutto di dialoghi avuti recentemente con quelle persone
che normalmente di direbbero " perbene" e lo sono in realtà. Il punto
è che anche le persone cosiddette "perbene",in questo paese,ormai sono
del tutto "ignoranti" e vogliono rimanerlo. La mia amarezza nasce dal
constatare che anche chi si riempie la bocca e usa i nomi di Paolo Borsellino e
Giovanni Falcone ad ogni piè sospinto,in realtà,nella stragrande maggioranza
dei casi, lo fa solo per poter dire a se stesso che,in fondo, sta dalla parte
della Giustizia e dei" buoni". All'atto pratico e nel vivere quotidiano,
quelle stesse persone credono nel " Santo Unto del Signore" e lo votano
anche. La cosa che deprime è che ti rendi conto che questa gente ci crede
davvero,non per un proprio tornaconto ( sarebbe più comprensibile anche se non
condivisibile).No,no! Loro ci credono in buona fede ed è questa la cosa più
grave. Ci si rende conto che il gioco è stato portato avanti così bene e
sottilmente che è lo stesso agnello che chiede,allegramente,di andare al
macello. Ora,contro questo,cosa si può fare? Gli italiani non sono, non sono
mai stati e mai saranno,(tranne che in un periodo storico molto remoto in cui
tutto il mondo credeva in certi valori e quindi si seguiva semplicemente la
morale del momento),gente capace di guardare al di là del proprio piatto.Gli
basta assicurarsi la "pappa" giornaliera e poi...chi s'è visto s'è
visto! Dall'ammirazione per quegli uomini che sono stati capaci di innalzarsi al
di sopra di questa mentalità non si passa alla presa di coscienza che spinge ad
agire in prima persona. Eh no! Ammiriamoli pure ma...da distanza di sicurezza.
Eh no! Ammiriamoli ma...la zuppa è la zuppa, e che diamine!
Purtroppo oggi la
penso così ma questo non deve fermare chi è capace di andare oltre. Alla fine
almeno resta la consolazione di poter dire a noi stessi che ci abbiamo provato a
non essere agnelli mandati al macello e che soprattutto non ci siamo andati
proni a quattro zampe! Se ci si aspetta qualcosa dal "popolo" siamo
degli illusi. Queste situazioni, storicamente,le ha sempre risolte un
solo,piccolo nucleo di persone che, solo dopo aver avviato, più o meno
pacificamente,il processo, ha trascinato poi, in vista della Vittoria,tutti gli
altri agnelli che sempre, alla fine, plaudono uno solo: il vincitore!

Lo so
Dollina...stai pensando che non mi riconosci più,eh?
Goccia   |2008-07-31 13:05:11
e che diamine!
Purtroppo oggi la penso così ma questo non deve fermare chi è
capace di andare oltre. Alla fine almeno resta la consolazione di poter dire a
noi stessi che ci abbiamo provato a non essere agnelli mandati al macello e che
soprattutto non ci siamo andati proni a quattro zampe! Se ci si aspetta qualcosa
dal "popolo" siamo degli illusi. Queste situazioni, storicamente,le ha
sempre risolte un solo,piccolo nucleo di persone che, solo dopo aver avviato,
più o meno pacificamente,il processo, ha trascinato poi, in vista della
Vittoria,tutti gli altri agnelli che sempre, alla fine, plaudono uno solo: il
vincitore!

Lo so Dollina...stai pensando che non mi riconosci più,eh?
Shiloh  - Un altro ominicchio   |2008-07-29 23:44:46
Che personaggi schifosi ci sono in giro.
I famosi ominicchi.
Certo, per loro
è facile sparlare alle spalle di chi non può difendersi nè
controbattere.

Lo dicevo io che questo nostro tempo somiglia sinistramente
alla stagione del "corvo" di Palermo (Salvatore potrà cogliere analogie
e diversità), e non solo perchè qualche piuma dell'originale è piovuta dal
cielo del CSM...
Sistemati gli affari urgenti (De Magistris Forleo), adesso
siamo alla fase della delegittimazione postuma, non è bastato gettare fango sui
vivi (sempre De Magistris Forleo), ora si sparge veleno anche su chi non c'è
più.

Ma non dovranno passarla liscia.
Presto dovranno sputare sangue e
anche qualche dente...e non in senso figurato.

Vigliacchi e mezze
mer#e.

Nemmeno un raffreddore gli viene...

Luciana
Massimo Amodio   |2008-07-30 17:40:48
Un piccolo appunto a Luciana.
La distinzione tra uomini, ominicchi, etc.,
quaquaraqua, da Sciascia, mi pare sia parte della "cultura" mafiosa.
Mi
disturba un poco che chi è contro usi la medesima classificazione.
Fossi a casa
mia, ti inviterei a non abbassarti al loro linguaggio.

Detto ciò, è il tempo
di reagire.
Prima di conoscere questo sito, scrivo sinceramente che non mi
ricordavo che l'attentato a Paolo Borsellino fosse avvenuto il 19 luglio, sapevo
forse una cosa più importante: che il 19 luglio 1992 segnava la data di una
sconfitta, di una restaurazione.

La Sicilia che non voleva cambiare aveva
vinto. Quel "è finito tutto" del giudice Caponnetto mi è sembrato
l'avvertimento del buon padre di famiglia verso tutti coloro i quali rimanevano
orfani della vera antimafia.

Se lo avessi detto allora, tra mille fiaccolate e
striscioni, avrei solo ricevuto una pubblica lapidazione.
Ora, quindici anni
dopo, dovremmo credo cercare anche tra di noi le cause del fatto che:
- la
figlia di un boss mafioso (Riina) si possa serenamente sposare in chiesa
- il
presidente del consiglio possa dire serenamente che Mangano era un eroe
- sul
presidente del senato (come sul guardasigilli) siano note conoscenze di boss
mafiosi.

Assomigliamo molto alla Cuba corrotta del dopoguerra.
Io ritengo di
aver avuto in destino, fino al momento, piccole ali. Il che significa piccole
responsabilità, il che mi permette serenamente di ritenermi l'ultima ruota del
carro.
Sto quindi più a guardare che a fare o a parlare. Anche perchè questo
Paese (e la mia generazione di trentenni) non è democratico.
Ma, se volete un
consiglio, è il tempo di essere inca..ati neri. Non possiamo / non potete fare
le signorine in questo far west.
Shiloh   |2008-07-31 00:33:43
Grazie per l'appunto ma stiamo parlando proprio di "cultura
mafiosa".
Come glielo fai capire che li consideri meno di un ratto di fogna
se non ti esprimi con parole a loro "tanto care"? 8)

Luciana
Massimo Amodio   |2008-07-31 09:26:24
Capisco, Luciana,
ma se ne fregano.
Anche se venissero qui a leggere,
non credo
importerebbe loro gli appellativi che usi.

Bisogna colpirli al punto giusto, e
ripetutamente.
Nel portafoglio, nel sostegno offerto loro e ricambiato della
politica.
E' gente capace di esprimere cordoglio ai funerali e di presenziare
all'intitolazione di piazze o vie alla memoria del magistrato scomparso.
I loro
uomini in politica sono capacissimi di bandire concorsi nelle scuole di ogni
ordine e grado per il più bel tema sulla mafia.
Falcone e Borsellino hanno
saputo colpirli al punto giusto, lo si è visto.
Don Pino Puglisi ha saputo
colpirli al punto giusto, si è visto anche quello.

Noi che possiamo fare?
Non
dare loro tregua.
Ultimamente qui in Sicilia quando hanno preso Provenzano e poi
Lo Piccolo si è sempre vista una folla radunarsi a insultare il mafioso
arrestato.
Ma non si è vista nessuna folla del genere quando Berlusconi ha
detto che Mangano era un eroe, non si è vista nessuna folla del genere al
matrimonio celebrato tranquillamente della figlia di Totò Riina.
Quella
Corleone ricordava la Colombia in mano ai narcotrafficanti.
Nessuno è poi in
questi giorni ad urlare rabbiosamente nei pressi dell'abitazione dove Contrada
è agli arresti domiciliari.

Io valuto una cosa.
In Sudafrica lo Stato era
marcio, il Potere era marcio.
Nelson Mandela ha sopportato anche la galera pur
di cambiare il proprio Paese.
Io non credo che nè Alfano nè altri si
mobiliteranno per dare alla lotta antimafia le risorse e le leggi che la rendano
davvero efficace. Coi mezzi e la situazione di oggi, l'avvocato di Bruno
Contrada si può permettere di parlare di giustizia per il suo cliente e non mi
sorprenderei se in un processo in cui Contrada querela Borsellino, potesse oggi
in Italia vincere il Contrada.

Bisogna puntare al risultato ad ogni costo.
Anche violando le norme, se necessario.
Borsellino conosce di persona Pino
Masciari, credo, e sa le condizioni in cui è costretto a vivere. Sa come la
mafia può devastare la vita di un nucleo familiare.
E noi distinguiamo da
signorine il mafioso in galera o sottoprocesso dai suoi familiari non
imputati?
No, è lì cara Luciana che dobbiamo usare (nei fatti!) il loro stesso
"linguaggio".
I familiari del mafioso non devono più riuscire a vivere.
Nessuna tregua e nessuna pietà.
Massimo Amodio   |2008-07-31 09:28:56
...Bisogna puntare al risultato ad ogni costo. Anche violando le norme, se
necessario.
Borsellino conosce di persona Pino Masciari, credo, e sa le
condizioni in cui è costretto a vivere. Sa come la mafia può devastare la vita
di un nucleo familiare.
E noi distinguiamo da signorine il mafioso in galera o
sottoprocesso dai suoi familiari non imputati?
No, è lì cara Luciana che
dobbiamo usare (nei fatti!) il loro stesso "linguaggio".
I familiari del
mafioso non devono più riuscire a vivere. Nessuna tregua e nessuna
pietà.

Perchè le scene che ho visto al G8 di Genova, quanto è emerso che è
accaduto alla caserma di Bolzaneto non accade in Sicilia negli arresti di
esponenti della criminalità organizzata?
Shiloh   |2008-07-31 09:33:10
La gente urla contro i mafiosi arrestati e poi, in silenzio, vota i loro
referenti politici...

Altrimenti non si spiegano certi risultati
elettorali.

Luciana
Benny  - ........   |2008-07-30 11:39:44
Vedere le pagine di quell'agenda mi fa venire i brividi... è veramente tanta la
mancanza del dottor Borsellino in un 'Italia che forse con lui sarebbe diversa..
Dolly   |2008-07-30 11:58:19
..io sto ancora piangendo.
una stretta al cuore. come una fitta.

il disegno
dell'aeroplanino..il suo animo puro, fanciullo.

Paolo..un valore
inestimabile..
marina   |2008-07-30 13:50:41
Fa rabbia pensare che non tutte le pagine di quella'agenda sono complete ,che
non ce ne siano altre e altre ancora, che ha questo paese è stato tolto
l'operato di un "uomo giusto".......non solo lo hanno ucciso inquietanti
collusioni,ma ora cercano anche di screditarlo da morto...E' inaudito!Potete
contare su di me sempre!
Benny  - Importante per Antonino Candela e Francesca Inga   |2008-07-30 14:19:22
Importante: il primo agosto in tutta la provincia di Agrigento uscirà in
allegato al giornale di Sicilia "Fuoririga", il periodico per
il quale scrivo che si avvale di collaborazioni da parte di studiosi
internazionali del fenomeno mafioso. In questo numero ci saranno un
mio articolo e una mia intervista ai due testimoni di giustizia
Antoninino Candela e Francesca Inga, che per la prima volta parlano con la
stampa. Per chi volesse procurarsi la rivista può già
ordinarla qui (http://www.boombuy.it/prodotti/477/fuoririga-
spe 
ciale-mafia-putrone-life-style.html) al costo di sette euro comprese le
spese di spedizione.
enorbalac  - Grazie Salvatore   |2008-07-30 21:55:43
Caro Salvatore questo commento vuole essere solo un attestato di stima nei tuoi
confronti. Ti ammiro per quello che stai facendo, per la tenacia con cui porti
avanti le tue battaglie, per il modo con cui continui a sperare ogni oltre
speranza. La tua lotta è di esempio per tanti giovani che ormai non ci credono
più, non credono più nella giustizia, non credono più nel cambiamento, non
credono più che possano continuare a nascere uomini come Paolo o come Giovanni.
Anche se queste tue urla nel silenzio non dovessero portare a nessun risultato
concreto, una cosa è certa, non saranno mai state vane, avranno seminato quel
germoglio di speranza necessario affinchè la società non muoia completamente e
i giovani d'oggi possano un domani, attraverso il tuo esempio, essere testimoni
di onestà, di giustizia, di legalità attraverso la loro stessa vita, possano
continuare ad essere ostinati, contro ogni logica umana, nella ricerca della
verità quella unica verità in grado di dare un senso alla loro stessa
esistenza.
Luana   |2008-08-03 19:28:03
Forsa Salvatore! Continua la tua lotta!
francesco giurato  - come ormai da qualche tempo a questa parte...   |2008-08-06 22:19:52
presente. ci vediamo a reggio il 10. sono a vostra disposizione per qualsiasi
cosa possa essere di ausilio alle iniziative di salvatore in favore della
verità. il muro di indifferenza è purtroppo cresciuto in maniera preoccupante
ma bisogna continuare su questa strada. dopo un paio di settimane di ferie nella
mia adorata calabria sarò di ritorno a roma e, mi ripeto, offro il mio impegno
personale per la batteglia di verità e giustizia che la famiglia Borsellino
porta avanti ormai da oltre 30 anni. un abbraccio

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